Alcoltest positivo Ma viene assolto
La Cassazione: il test del sangue non vale, sentenza annullata
Un sessantenne di Carvico era stato condannato a 3 mesi di arresto. Uscito di strada, era positivo all’alcoltest. Ma la Cassazione ha annullato: non era stato avvisato di poter chiamare un legale.
Può sembrare un dettaglio, ma fa la differenza. Da una condanna confermata in appello a una sentenza annullata dalla Cassazione. In mezzo c’è il mancato avviso all’indagato di poter chiamare un avvocato. È il caso di A.C., sessantenne di Carvico, sottoposto al test dell’alcol nel sangue risultato positivo: 1,08 a fronte del limite di 0,50 per guidare. La condanna era a 3 mesi di arresto e 1.500 euro di ammenda, con la condizionale. Più che altro incideva la sospensione della patente per un anno, un limite per chi usa l’auto per lavoro e un forte deterrente.
Il ragionamento giuridico, però, è tutt’altro che scontato. Un conto è sottoporre all’esame del sangue una persona per scopi medici e contestualmente rilevare il livello di alcol, un conto è sottoporla al prelievo ai soli fini di indagine. Nel primo caso i risultati sono utilizzabili anche senza avviso, nel secondo no. Così emerge dalla decisione della corte di Cassazione, quarta sezione presieduta dal giudice Rocco Blaiotta.
I fatti. Il 2 giugno 2013 il sessantenne alla guida di una Bmw esce di strada ad una curva e va a sbattere contro un muro. Non viene coinvolta nessun’altra persona. Intervengono i carabinieri del Norm di Zogno che lo fanno portare in ambulanza al policlinico di Ponte San Pietro per
scrupolo, anche se non ha evidenti ferite. Lì, su loro richiesta, il sessantenne viene sottoposto all’esame. L’esito positivo fa scattare l’accusa di guida in stato di ebbrezza e, di conseguenze, un decreto penale di condanna. L’automobilista si oppone. Il test è nullo, obietta l’avvocato Riccardo Giglio: era un accertamento tecnico irripetibile ma al suo assistito nessuno ha detto che aveva il diritto di chiamare un legale. Non così secondo il giudice di Bergamo, il 30 marzo 2015: i rito sultati sono «pienamente utilizzabili (...) trattandosi di elementi di prova acquisiti attraverso la documentazione medica». Dunque «comprovata è la colpevolezza dell’imputato, postosi alla guida in condizioni di franca ubriachezza che non gli consentivano di mantenere il controllo in curva». Il 4 febbraio 2016 l’appello conferma e, come il primo grado, cita la Cassazione. Ma è proprio la Suprema corte a ribaltare lo scenario. «La corte d’appello di Brescia non ha fat- corretto richiamo all’univoca giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’effettuazione dell’alcoltest da parte dei sanitari di una struttura nella quale il soggetto sottoposto all’esame sia stato ricoverato subito dopo un incidente stradale presuppone, a pena di nullità di ordine generale a regime intermedio, il previo avviso allo stesso, quale persona sottoposta alle indagini, di farsi assistere da un difensore di fiducia, se trattasi di attività compiuta esclusivamente in conseguenza di richiesta della polizia giudiziaria e non invece nell’ambito di un protocollo medico – terapeutico». Non c’è altra prova, sentenza annullata senza rinvio. Il caso è chiuso.
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Se l’esame all’indagato è eseguito su esclusiva richiesta della polizia giudiziaria e non nell’ambito di un protocollo medico, la persona va avvisata che può chiamare un avvocato Suprema Corte