Prelievi di organi a cuore fermo: il primato
Per due volte in dieci giorni al Papa Giovanni prelevati polmoni, fegato, reni e altri tessuti «Una speranza per chi è in lista d’attesa»
Accade per la prima volta in Italia, all’ospedale Papa Giovanni: le équipe di medici hanno prelevato, polmone, cuore, reni, cornee e altri tessuti a cuore fermo, da due pazienti. «Una speranza per chi è in lista d’attesa per un trapianto», spiega Mariangelo Cossolini, coordinatore del Prelievo e trapianto d’organo.
Polmoni, fegato, reni, cornee e altri tessuti, tutti prelevati a cuore fermo da due pazienti nel giro di dieci giorni e avviati al trapianto. Per la prima volta in Italia le équipe del Papa Giovanni XXIII di Bergamo hanno completato un intervento che nel resto d’Europa è ormai abituale. La differenza la fa la legge. Quella italiana impone un’attesa di 20 minuti dal momento dell’arresto cardiaco per poter dichiarare una persona legalmente morta, in altri Paesi ne bastano 5 o 10. E più passano i minuti, più gli organi si deteriorano. In pratica, diventano inutilizzabili per un trapianto.
La vera grande novità sta qui: il Papa Giovanni ha sperimentato l’applicazione dell’Ecmo, la tecnologia che sostituisce le funzioni di cuore e polmoni, sugli organi prelevati. Quello che i medici della Terapia intensiva neurochirurgica (guidata da Francesco Ferri) e dell’Ecmo Team (di Luca Lorini) sono riusciti a fare è «riattivare» gli organi e i tessuti nonostante la morte del cuore. Normalmente invece il prelievo avviene da pazienti in morte cerebrale ma con cuore ancora battente. «Abbiamo visto che la riperfusione con l’Ecmo consente di riparare il danno che subiscono gli organi nei 20 minuti dall’arresto cardiaco in cui, per legge, non è possibile intervenire sul paziente. Questo consente così di utilizzare questi organi per un successivo trapianto», dice Mariangelo Cossolini, coordinatore del Prelievo e trapianto d’organo dell’Asst di Bergamo. L’importanza degli interventi al Papa Giovanni sta nell’essere riusciti a prelevare (e in seguito trapiantare) contemporaneamente fegato, reni e polmoni. In precedenza in Italia, a cuore fermo, erano stati effettuati solo prelievi parziali. «Questo può estendere in modo considerevole il numero dei donatori — dice Cossolini — e di conseguenza ridurre le liste d’attesa per i trapianti. Consideriamo che in Italia muoiono 400 persone l’anno nell’attesa vana di un organo».
I pazienti da cui sono stati prelevati gli organi a cuore fermo avevano rispettivamente 47 e 59 anni. Si tratta di persone che avevano subito gravi danni al cervello, non tali però da provocare la morte cerebrale. Una volta rilevate le condizioni terminali dei pazienti, nel primo caso sono stati i parenti a chiedere se ci fosse la possibilità di una donazione. Nel secondo, sono stati i medici a proporla. Si è attivata così la procedura di Dcd (Donation after Circulatory Death, cioè donazione dopo morte circolatoria), 20 minuti di osservazione, poi l’attivazione dell’Ecmo e la riperfusione degli organi, che — tranne il fegato — vengono trattati anche dopo il prelievo prima di essere indirizzati a potenziali trapianti. Gli organi devono comunque poi essere valutati per capire se siano effettivamente trapiantati.
«È un risultato fortemente voluto dal Papa Giovanni XXIII, in adesione a un programma strategico del Centro nazionale trapianti»,
400
pazienti
deceduti ogni anno in Italia mentre erano in lista d’attesa per ricevere un organo da trapiantare
2
mila interventi
di trapianto da cuore fermo effettuati nel 2014 in Europa, dove le leggi li agevolano Soddisfazione Il dg Nicora: «Grazie soprattutto ai parenti dei donatori che hanno consentito i prelievi»
dice Cossolini. «Questi sono risultati — dice il direttore generale dell’ospedale, Carlo Nicora — ottenuti grazie alle professionalità e alle competenze maturate nel corso della nostra esperienza pluridecennale nel campo della donazione, del trapianto e dell’assistenza intensiva, anche con ricorso a tecniche complesse come l’Ecmo. Un grazie speciale va al Centro nazionale trapianti e alle famiglie dei donatori».