Corriere della Sera (Bergamo)

IL RISULTATO INATTESO

- di Marco Adriano Perletti

Ci sono architettu­re, come Palazzo della Libertà, che sono predestina­te ad essere monumenti. Questa sorte particolar­e, come argomentav­a Aldo Rossi ne «L’architettu­ra della città», è dovuta al carattere permanente e vitale che appartiene a certi edifici. Sono architettu­re che attraversa­no i decenni e segnano l’immagine della città, si integrano allo spazio aperto dell’intorno e hanno un valore costitutiv­o che discende dalla storia, dall’arte, dalla memoria che le permea. Sono organismi di pietra che mostrano anche una capacità persistent­e di adattament­o ai mutamenti e, per questo, pretendono di dialogare con la dinamica di trasformaz­ione della città. L’edificio disegnato da Alziro Bergonzo nel Ventennio ha avuto un passato segnato da mutamenti e alterne vicende, fino a scivolare negli ultimi decenni nella sorda condizione di ermetico contenitor­e di apparati pubblici, con il solo Auditorium a rimarcarne l’attitudine di «bene comune». L’accordo raggiunto in questi giorni dall’Amministra­zione Comunale per utilizzare gli spazi del piano terra con un mix di funzioni pubbliche apre una strada per la rigenerazi­one di questa architettu­ra di valore urbano. Questa prospettiv­a concreta ha raccolto e sviluppato l’input dato da «Visioni Possibili» — la proposta elaborata nel 2016 da Italia Nostra e dal Coordiname­nto dei Comitati di Quartiere — arrivando a un risultato inatteso che potrebbe permettere al Palazzo della Libertà di svolgere nei prossimi trent’anni un ruolo coerente con la sua inequivoca­bile natura di monumento.

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