Interisti aggrediti ultrà condannati Tutto prescritto
Nel 2010 spedizione punitiva dopo la Champions League Il giudice: fatti gravissimi. Tra 6 giorni le accuse decadono
Sono stati tutti condannati in primo grado i cinque ultrà atalantini accusati di aver aggredito gli interisti, in centro città, il 22 maggio 2010, durante i festeggiamenti per la Champions League appena vinta. Ma tra sei giorni sarà tutto prescritto.
L’ultima vittoria di una squadra italiana in Champions League, a Bergamo fu «celebrata» a cinghiate, calci e pugni, e bandierine dell’Inter strappate anche ai bambini che le sventolavano dai finestrini delle auto. Il 22 maggio del 2010. «È evidente che un gruppo di tifosi dell’Atalanta aveva agito in modo organizzato, predisponendo una spedizione punitiva. Fatti gravissimi, senza attenuanti, e dettati da futili motivi, visto che quella sera l’Atalanta non aveva giocato contro l’Inter. Solo un modo per dar sfogo alla propria indole violenta»: così ha scritto il giudice Antonella Bertoja nelle motivazioni della sentenza, lette ieri contestualmente al verdetto.
Cinque gli ultrà nerazzurri identificati in due episodi distinti, un’aggressione alla Vedovella e un’altra al semaforo di fronte al Credito Bergamasco, ai danni di tifosi interisti che passavano sulle rispettive auto. Cinque condannati: 3 anni, 4 mesi e 20 giorni di reclusione a Eros Mastrodomenico, con la recidiva, ex pugile pregiudicato, due anni e sei mesi a Mauro
Cavagna, Sergio Bolis, Giordano Bonaldi e Giuliano Cotenni. E cinquemila euro a testa di risarcimento alle due parti civili: Nicola La Cirignola e la moglie, che si trovavano con un bambino sulla Seat Ibiza circondata dal gruppo di atalantini di fronte al Credito.
C’è stata giustizia, quindi, su quei «fatti gravissimi» e a tratti clamorosi. Ma fino a un certo punto. C’è un motivo ben preciso per cui ieri la giudice ha pro-
nunciato la sentenza dopo aver scritto in circa 40 minuti le motivazioni, lette subito in aula, che sono parte integrante del verdetto: il 22 novembre, tra sei giorni, gli agguati del 2010 saranno tutti prescritti. La procedura seguita dal tribunale fa quindi in modo che almeno la sentenza di primo grado sia completa e che i risarcimenti alle parti civili siano operativi. E la prescrizione penale potrà scattare solo in Corte d’Appel- lo, dopo il ricorso della difesa, che è praticamente scontato.
La «spedizione punitiva organizzata» al grido di «dovevate starvene a festeggiare a Milano», «qui comandiamo noi», finirà quindi nel nulla, sul fronte penale, dopo il lavoro di riconoscimento della Digos, poi confermato in aula da La Cirignola e dalla moglie, ma anche dai cinque occupanti dell’auto accerchiata vicino alla Vedovella (messe comunque in discussione ieri dall’avvocato Federico Riva), che avevano preferito non costituirsi ed erano stati chiamati a processo da semplici testimoni. Ma perché tempi così lunghi? Perché solo sette anni e mezzo dopo si è arrivati al verdetto di primo grado? Non è ancora chiaro. L’avviso di conclusione indagini risulta però firmato nel 2015, ben cinque anni dopo i fatti. Il fascicolo era rimasto parecchio in Procura. «Non so perché, parlerei a sproposito, dovrei ricostruire la vicenda — commenta il procuratore Walter Mapelli — in servizio a Bergamo dal 2016. Certamente provo dispiacere per tempi così lunghi. Mi limito al momento a dare merito al giudice, che con le motivazioni contestuali ha consentito, quantomeno, di chiudere pienamente la vicenda in primo grado».
Le indagini chiuse solo cinque anni dopo. Il rammarico del procuratore