Filago, il delitto e la carezza alle due bare
Un cugino di Franca e Piero: avremmo dovuto prenderci cura di voi, vi penso in cielo
«Avremmo dovuto prenderci cura di voi, non lasciarvi prigionieri della solitudine». Si chiude con le parole di un cugino il dramma di Franca e Piero Locatelli, lei trovata uccisa a bastonate, lui indagato per il delitto e morto pochi giorni dopo per le conseguenze di una caduta. Ieri le bare erano una accanto all’altra nella chiesa di Filago. Allo scambio del segno di pace una donna ha posato le mani su entrambe per l’ultima carezza.
«Che cosa ci resta?». A parlare è un cugino di Francesca e Pierantonio Locatelli, che a Filago tutti chiamavano Franca e Piero. Ieri l’epilogo di una vicenda che ha scosso il paese, a partire da quando, il 5 novembre, la donna è stata trovata sul retro di casa, uccisa da diversi colpi alla testa. Il fratello era a terra vicino al fienile, con una ferita alla testa compatibile con una caduta. È morto una settimana dopo, in ospedale. Era l’unico indagato per l’omicidio della sorella.
Ora sono l’uno accanto all’altra, chiusi in due bare, in questa chiesa che si riempie sempre più di gente. Ci sono due carabinieri in fondo alle navate. Tra i banchi, molte le signore. Qualcuna mormora: «Sì, conoscevo lei. Lui un po’ meno...». Parole dette veloci, occhi lucidi, preghiere sussurrate.
Durante la cerimonia, prende la parola un cugino di Franca e Piero. Ricorda un tempo diverso, lontano: «Se ripenso a loro — esordisce —, penso al sole preso sulle rive del Brembo, alla verdura raccolta nell’orto per fare il minestrone». Cita i sogni dei due fratelli, Franca «che sognava il principe azzurro», e Piero «che desiderava una vita tranquilla». Poi la malattia dell’altra sorella, che dura da più di trent’anni. «La condizione di Maria Cristina — continua il cugino — ha cambiato tutto. La sofferenza ha cambiato il carattere di Franca, che è diventata più chiusa. Ha portato Piero ad agganciarsi a qualcosa d’altro. Per arrivare a oggi, che li vediamo in queste due bare». Si avvicina alla conclusione, la voce si interrompe e riprende: «Ma se ripenso a loro, voglio vederli in cielo a giocare insieme ai genitori, zia Santina e zio Salvatore». L’interno della chiesa è freddo. Sulle bare, fiori bianchi e rosa per Franca, bianchi e rossi per Piero. Ai piedi dell’altare, le corolle donate dai coscritti di lui e di lei. Una signora prende la parola dipingendo una vita, «vissuta nel dolore, nella sofferenza, nella solitudine, e stroncata prematuramente».
Un ricordo recente è quello di don Ferruccio Garghentini, che ha celebrato la messa: «Andavo da loro ogni mese e mi intrattenevo a parlare con Franca, che ho sempre trovato vicina alla sorella». Una vicinanza e una «premura» che, dice, «da qualcuno era considerata eccessiva ed era motivo di scontro». E continua: «Incrociavo Piero nel giardino, intento a lavorare, e scambiavo anche con lui qualche battuta. L’ultima volta è stata il 31 ottobre. Piero mi ha chiamato in camera, dicendo di stare poco bene. Nulla lasciava intuire che cosa sarebbe accaduto di lì a qualche giorno. Noi ci chiediamo il perché di tutto questo, tentiamo spiegazioni. Il perché lo conoscono solo Franca e Pierantonio e lo portano con sé come un segreto, per sempre».
«Che cosa ci resta?» ripete il cugino di Franca e Piero, parlando direttamente a loro. «Ci siamo presi cura molto di Maria Cristina, ma forse avremmo dovuto prenderci cura di voi, per non farvi chiudere in voi stessi». Verso la fine della cerimonia, mentre tutti si scambiano «un gesto di pace», una signora si avvia alle due bare, e fa una carezza a entrambe, insieme.
Il cugino «Avremmo dovuto prenderci più cura di voi per non farvi chiudere in voi stessi» Il parroco «Avevo visto Piero, non stava bene ma nulla faceva presagire quello che poi è successo»