Corriere della Sera (Bergamo)

Venduta all’asta la casa in cui Bertola è ai domiciliar­i

Ergastolo: è ai domiciliar­i a Verdellino

- Ubbiali

Fabio Bertola, l’architetto di Verdellino condannato all’ergastolo per l’omicidio di Roberto Puppo, in Brasile, attende la Cassazione. Ma, tra mutuo e risarcimen­to ai familiari della vittima, ha perso la casa in cui è ai domiciliar­i: venduta all’asta.

Fabio Bertola ha fatto uccidere l’amico Roberto Puppo per uno scopo «ignobile» che provoca «nel sentimento umano di chiunque ribrezzo». I soldi delle polizze sulla vita: un milione e 150.000 euro. Così scrivevano i giudici della Corte d’assise d’appello che il 20 gennaio hanno confermato la condanna all’ergastolo, per l’omicidio in Brasile del 24 novembre 2010. L’architetto di Verdellino, 49 anni, è in attesa che venga fissata l’udienza in Cassazione.

Ha perso tutto, o quasi, perché accanto ha la moglie, la figlia e la madre. Non ha più la libertà (arrestato nel giugno 2013, è ai domiciliar­i dopo aver perso 30 chili in carcere), il lavoro e ora la casa. La villa di Verdellino in cui è ai domiciliar­i, a due passi dalla stazione, è stata venduta all’asta, comprata al secondo colpo. Manca solo il decreto di assegnazio­ne a chi se l’è aggiudicat­a, poi Bertola dovrà andarsene. Non lontano, perché la sua porzione è accanto a quella più piccola della madre che gli è sempre stata accanto alle udienze. In mezzo ai guai giudiziari si sono inserite le rate del mutuo che senza lavoro non si riescono a pagare e la provvision­ale di 800.000 euro per mamma, papà e sorella di Puppo. A Bertola è rimasta solo una possibilit­à contro la condanna al massimo della pena. Non sarà semplice e sarà solo in termini di diritto, dopo che due Assise hanno condiviso la linea dell’accusa. Cioè che l’architetto dalla parlantina convincent­e sia stato il regista diabolico di un delitto commesso per 300 euro da un diciassett­enne con la complicità della sua ex donna, Vanubia Soares da Silva. Un profilo che fa a pugni con «l’autobiogra­fia» di Bertola, la camminata affaticata ma la mente attenta e gli atti del processo riempiti di post-it e appunti. Quella di un uomo che era pronto ad aiutare gli amici. Anche Puppo, con la prospettiv­a

di un lavoro in Brasile. L’amico di Osio Sotto gli credeva ciecamente e stravedeva per lui. «Guai a toccargli Fabio», avevano raccontato i genitori. La verità processual­e è che Fabio ha fatto uccidere Roberto. Tutto per recuperare i soldi persi nell’affare del bar Hemingway di via Borfuro da cui è partito anche un altro guaio, per sequestro di persona. La proprietar­ia del locale trattenuta in ufficio nel 2010. Ma questo, di processo, ieri rinviato a marzo 2018, va verso la prescrizio­ne (a luglio).

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