GOOD BANK I RISCHI PER UBI
La magistratura, e secondo l’opinione comune non inopinatamente, ha sentenziato — a Ferrara e a Milano — che azionisti e obbligazionisti delle ex good bank e delle banche venete, i quali siano in grado di dimostrare di essere vittime in buona fede di una truffa, possano chiamare in causa, per ottenere il ristoro del danno, gli enti che hanno acquisito, con successione nei diritti e nelle obbligazioni, la proprietà totale delle aziende di credito di cui si tratta. Si fa riferimento a sentenze di primo grado, che però definiscono la legittimazione di richiedere risarcimenti sia a Banca Intesa per le banche venete, sia all’acquirente della Cassa di Ferrara, sia a Ubi per Banca Marche, Banca Etruria e Carichieti. Le banche che hanno operato il salvataggio al prezzo di 1 euro, acquisendo quelle in dissesto, si saranno certo protette da possibili sopravvenienze con le controparti cedenti. Il tutto potrebbe, in sostanza, confinarsi nella molestia di gestire vertenze con ex azionisti ed ex portatori di obbligazioni subordinate, che venissero riconosciuti come vittime di una truffa.
Il clamore di queste vicende, ci si augura, avrà chiarito a tutti sia i rischi sia i pericoli gravanti sui soci e sugli obbligazionisti subordinati, sì che in futuro non sarà possibile invocare di essere stati sorpresi nella propria buona fede. L’ordinamento non protegge gli imprudenti o coloro che vogliono restare ignoranti. Stando alle notizie di stampa, Ubi sarebbe già stata chiamata in causa dagli ex soci di Banca Marche.
E, dati i tempi della giustizia italiana, vi è da prevedere che la molestia della vertenza giudiziaria durerà a lungo, con dispendio di energie, con possibili pericoli di fuga di notizie quanto meno imprecise, con qualche danno di immagine. Avremo forse delle sorprese con riferimento alla ingenuità e alla ignoranza di coloro che si dichiarano danneggiati. Ci sarà non poco lavoro per gli avvocati. Certo, la gestione di future, inevitabili, crisi di singole banche sarà più complessa se si continua a credere che la tutela del risparmio riguarda anche la tutela dell’ignoranza in campo finanziario. Invero non si dovrebbe diventare soci di una banca a propria insaputa e nemmeno portatori di obbligazioni nella non conoscenza del significato dell’aggettivo qualificativo: subordinato. Soprattutto se non si possiede nemmeno un vocabolario o un dizionario della lingua italiana per avere qualche informazione in più. Circostanze che dovrebbero essere improbabili per chi è andato oltre le scuole elementari.