«Niente sia scritto» Il riscatto di Martina Caironi
Martina Caironi protagonista del documentario «Niente sia scritto» dedicato alla disabilità «Con una protesi possibile fare di tutto, conta la volontà»
Solo chi non ha mai avuto a che fare con la disabilità la associa ad aggettivi negativi. Un ottimo modo per allargare gli orizzonti e abbattere gli stereotipi è guardare «Niente sta scritto» che viene presentato stasera a Trento. In attesa del film a lei dedicato («L’aria sul viso», in uscita a febbraio), Martina Caironi è la protagonista, insieme a Piergiorgio Cattani, di questo documentario teso «a dimostrare che è possibile aprire percorsi controcorrente, vincendo il rischio di emarginazione e di chiusura in se stessi».
Le due vite non si intersecano mai ma raccontano in maniera parallela la capacità di andare oltre i limiti fisici: da una parte il viaggio in Kenya della velocista bergamasca, dall’altra la quotidianità del giornalista che convive con una grave malattia degenerativa, la distrofia muscolare di Duchenne. «Nel documentario c’è la disabilità ma non è il fulcro principale del racconto — racconta Martina —. Io faccio alcune cose con la protesi, lui con la maschera per respirare ma l’idea è raccontare storie e il titolo fa capire che nulla va dato per scontato. Conoscerò Piergiorgio solo alla presentazione, ma di lui mi ha colpito la capacità di assumere quella dignità pari a chiunque altro nel fare il suo lavoro. Sarebbe bello se si arrivasse a considerare un disabile prima per le sue abilità». Il regista Marco Zuin spiega che «il fine del documentario non è creare una narrazione quanto osservare, dare meno informazioni e più tempo al pensiero, per smuovere adesione, partecipazione». Parole che confermano il cambio di paradigma di un progetto che è in totale sintonia con la forma mentis di Martina Caironi: «Voglio far capire che con una protesi una persona può fare qualsiasi cosa, non solo inserirsi nella società in maniera paritaria. Tutto parte dalla volontà, anche di chi non ha disabilità ma ha le predisposizione a capire e accettare il diverso».
La campionessa paralimpica per la prima volta è andata in Africa: «Abbiamo visitato un istituto dell’associazione St. Martin dove opera la Fondazione Fontana. Ci sono persone bisognose, non solo disabili mentali e fisici, che lavorano e acquisiscono una certa autonomia. Del Kenya mi sono rimasti dentro i colori e i bambini, che lì sono dei piccoli adulti perché hanno molta libertà. Una cosa che mi ha colpito molto è che tutti si stringono la mano: hanno una capacità di stare insieme e di fare comunità che noi non abbiamo. Non ho mai visto nessuno lamentarsi, l’attitudine alla vita è sempre quella di sorridere». Sono passati 10 anni dall’incidente che ha portato via una gamba a Martina. Il 2 novembre per lei, non è stato un giorno qualunque: «C’ho pensato moltissimo e ho mandato un messaggio ai miei genitori con scritto “Siamo vivi!!!” per sdrammatizzare. Questo decennio è davvero volato, sono orgogliosa di come sono diventata e lotto tutti i giorni per migliorare ancora».
Racconto il viaggio in Kenya dove l’attitudine alla vita è sempre quella di sorridere nonostante le difficoltà Martina Caironi