Bossetti in Cassazione dopo il parere di 34 giudici
È il numero di magistrati che si sono già espressi tra misure e sentenze L’avvocato: negato comunque un diritto. C’è il ricorso in Cassazione
Ultima chiamata per Massimo Bossetti, condannato all’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio. I suoi avvocati hanno presentato ieri il ricorso in Cassazione: «Chiediamo di non lasciare in carcere un innocente». Finora, però, 34 giudici, con ruoli diversi tra sentenze e misure cautelari, si sono espressi in modo univoco.
Complottisti e dietrologi di mezza Italia si sono autoproclamati biologi forensi, dentro e fuori dal tribunale, per sostenere l’innocenza di Massimo Bossetti, sui social e di recente anche nelle piazze. Ma tre anni e cinque mesi dopo l’arresto del carpentiere di Mapello per l’omicidio di Yara Gambirasio, un semplice dato matematico può risultare spiazzante (può, ma non è detto) per qualsiasi innocentista.
Sono stati 34 i giudici che, in vesti diverse, si sono espressi sulla posizione del sospettato, l’ex Ignoto 1 (così identificato da due sentenze): magistrati che hanno dovuto valutare semplicemente la necessità di misure cautelari, altri, togati e popolari, che hanno dovuto sentenziare. Ruoli diversi, ma ordinanze e verdetti in un’unica direzione. Dal gip Ezia Maccora, che aveva firmato la custodia cautelare in carcere il 19 giugno 2014, al gup Ciro Iacomino, che aveva rinviato a giudizio Bossetti, passando attraverso due ricorsi al tribunale del Riesame e altrettanti ricorsi in Cassazione sulla misura cautelare, fino alle due Corti d’Assise, in primo grado e in appello. Tutti, con valutazioni più o meno approfondite in base alle proprie competenze, hanno ritenuto solida la prova cardine, il profilo genetico, e cioè l’identificazione di Massimo Giuseppe Bossetti tramite il Dna nucleare, corrispondente da un lato a quello del padre naturale Giuseppe Guerinoni, e dall’altro a quello della mamma Ester Arzuffi, grazie al match nei laboratori di biologia forense dell’Università di Pavia, tre giorni prima dell’arresto del carpentiere.
Altri cinque giudici, però, si esprimeranno sulla posizione del carpentiere, in Corte di Cassazione, probabilmente in primavera: una data non c’è ancora. Gli avvocati Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno infatti depositato ieri, in tribunale a Como, il ricorso per il terzo grado di giudizio. «Bisogna assolutamente distinguere — commenta Salvagni — i pronunciamenti in sede cautelare dalle sentenze. Bossetti è stato giudicato a pieno da due Corti, non da altri giudici. E le due Corti non hanno concesso la perizia sul Dna, questo è ciò che conta, questo è il problema principale». Non sarà, quella della Cassazione, una valutazione sul merito delle prove, si ragionerà solo in punta di diritto e sulle procedure seguite per i primi due gradi di giudizio, arrivando o a una conferma del verdetto d’appello, oppure a un annullamento, con o senza rinvio in secondo grado. «Si discuterà di diritto e di procedure — aggiunge Salvagni — ma per noi il processo sta tutto lì, sulla mancata concessione di una perizia, e cioè di uno strumento procedurale, che non ha consentito alle due Corti di andare oltre ogni ragionevole dubbio. Questo è un caso in cui le violazioni proprio in punta di diritto hanno condizionato pesantemente la sostanza, e cioè la sorte dell’imputato».
Sarà quindi la mancata perizia il punto focale del ricorso in Cassazione, come già lo era stata anche per l’appello. E dall’avvocato comasco arriva un’esortazione: «Il rischio di tenere in carcere un innocente è troppo alto. Ci sono gli strumenti per evitarlo e vanno utilizzati. Finora non è accaduto ma restiamo fiduciosi». Massimo Bossetti è in carcere da 1.263 giorni. Nell’ultimo mese ha incontrato solo i suoi familiari, non i suoi avvocati, impegnati sul ricorso, con cui aveva concordato di procedere subito verso la Cassazione dopo il verdetto a Brescia del 17 luglio: l’ergastolo per l’omicidio di Yara Gambirasio.
La difesa «La mancata perizia è un errore che può portare ad annullare il processo»
È troppo alto il rischio di tenere in carcere un innocente: ci sono gli strumenti per evitarlo e chiediamo alla Corte di Cassazione di applicarli. In questo caso la forma è anche sostanza Claudio Salvagni Avvocato di Bossetti