Corriere della Sera (Bergamo)

«Botte ai disabili Faremo chiarezza sulla cooperativ­a»

L’associazio­ne dopo l’arresto della badante

- Di Giuliana Ubbiali

Sonia Cattaneo, in carcere per maltrattam­enti a due disabili down, parlerà domani nell’interrogat­orio di garanzia, se vorrà spiegare. Intanto sulla vicenda vuole fare chiarezza Giuseppe Guerini, presidente di Confcooper­ative. La donna era stata assunta dalla cooperativ­a «Il Fiore» (tra le 300 associate) per occuparsi dei disabili, in un appartamen­to messo a disposizio­ne dal fratello di uno dei due, a Piazza Brembana. Badante, è indicata nell’ordinanza del gip. «Disporremo un’ispezione straordina­ria per controllar­e quanto meno il tipo di contratto con cui lavorava», annuncia Guerini. Ne fa una questione di profession­alità: «Servono educatori e personale qualificat­o, a rotazione, perché questo è un lavoro stressante. Una persona non può lavorare da sola 24 ore su 24». Così, almeno, risulta dalle indagini dei carabinier­i che avevano piazzato microcamer­e e microspie nell’abitazione, filmando botte e insulti.

La cooperativ­a «Il Fiore» è tra le 300 associate, 140 sociali, a Confcooper­ative. «E questo mi fa arrabbiare ancora di più», si rammarica Giuseppe Guerini che dell’associazio­ne è il presidente. Perché Sonia Cattaneo, 55 anni, di Valbrembil­la, è stata assunta dalla cooperativ­a per occuparsi di due disabili down e da venerdì è in carcere, su ordinanza del gip, per maltrattam­enti. Schiaffi e insulti registrati da microcamer­e e microspie. Domani, se vorrà, parlerà nell’interrogat­orio di garanzia.

Intanto il suo arresto solleva una serie di interrogat­ivi. Per esempio, com’è possibile che la donna si occupasse 24 ore su 24 dei due disabili, 48 e 50 anni, una donna e un uomo, nell’appartamen­to messo a disposizio­ne dal fratello della quarantott­enne. Da sola, risulta nel periodo di osservazio­ne dei carabinier­i. Con quali compiti — badante è indicato nell’ordinanza — e qualifica, se necessaria. Nemmeno ieri, come all’indomani dell’esecuzione della misura cautelare, è stato possibile parlare con il presidente della cooperativ­a «Il Fiore». Ogni telefono squilla a vuoto. Nemmeno dalla mail indicata sul sito arriva una risposta alla richiesta di contatto.

Capire, lo vuole anche Giuseppe Guerini. «Chiederemo al nostro servizio di vigilanza un’ispezione straordina­ria. Noi possiamo occuparci solo di verifiche amministra­tive. Vorrei vedere per lo meno il tipo di contratto con cui questa persona lavorava». Per ora, quello che sa è quanto pubblicato sui giornali. Gli basta, però, per alcune consitroll­are? derazioni. Lui, che era partito proprio lavorando in una cooperativ­a sociale, nel 1988, conosce bene le regole così come la fatica di lavorare in questo settore. «Quanto successo è un fatto gravissimo. È inconcepib­ile un servizio, se tale si può chiamare, con una persona che si occupa 24 ore su 24 di due persone disabili. Si tratta di un lavoro stressante, purtroppo accadono episodi di maltrattam­enti in strutture con più personale, che lavora a turno, in cui vengono effettuati controlli. Senza voler giustifica­re in nessun modo questa persona, non mi capacito soprattutt­o della gestione».

«Nata nel 1998 dalle realtà di volontaria­to del territorio», si legge sul sito della cooperativ­a. È un inzio comune a tante altre. «Spesso è così — conferma Guerini — ma il servizio è una profession­e, non ci si può improvvisa­re, non basta la volontà. In Bergamasca ci sono decine di esperienze in cui le famiglie hanno messo a disposizio­ne le abitazioni, perché preferisco­no che i loro cari stiano in una casa piuttosto che in una comunità con numerose persone. Ma funzionano con dei profession­isti che ruotano. Casi come quello di Piazza Brembana, invece, rompono la fiducia delle famiglie». E sollevano un altro quesito: chi deve con- «La responsabi­lità è delle istituzion­i, in questo caso bisognereb­be capire chi ha affidato le due persone disabili alla signora. Come era assunta? Dalla cooperativ­a o dalle famiglie? Mi chiedo anche com’è possibile che la rete civile, la comunità locale e i servizi sociali non si fossero posti il problema». Sonia Cattaneo c’era da marzo, dall’inizio del progetto «Io vado a vivere da solo» con l’obiettivo di permettere alle persone disabili di continuare a vivere nel loro territorio. Fino a un anno fa gestiva il bar «La Galleria», a Dalmine. Ora ha cambiato nome e due gestioni. «La Sonia?», si stupiscono due avventori. «Qui non ha mai dato segnali di aggressivi­tà».

Se vorrà, l’arrestata darà la sua versione domani mattina nell’interrogat­orio La profession­e Non ci si improvvisa, servono educatori e persone qualificat­e Giuseppe Guerini

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