Corriere della Sera (Bergamo)

MAZZETTA IN FUMO

- Di Armando Di Landro

Non pagherà nessun conto con la giustizia, Marcello Moro, per la presunta tangente da 50 mila euro che Pierluca Locatelli sostiene di avergli versato, costata una condanna in primo grado a 1 anno e mezzo. Ma l’ex assessore di Bergamo non potrà nemmeno ribaltare quel verdetto e tentare di far valere in modo netto l’innocenza sempre affermata e ribadita. Perché sono passati più di sette anni e mezzo dai fatti contestati e quindi il caso è prescritto. Non accade di rado, nella galassia giustizia. Ed è accaduto anche questa volta, per la vicenda di presunta corruzione forse più clamorosa, negli ultimi anni a Bergamo, anche per la visibilità dei suoi protagonis­ti. Eppure l’inchiesta era stata consegnata alla Procura di Bergamo dai pm di Brescia e Milano già a febbraio 2012, con tanto di intercetta­zioni telefonich­e e dichiarazi­oni di Locatelli messe a verbale, ovvero le uniche prove poi portate a processo. Ma ci sono voluti due anni e tre mesi per la richiesta di rinvio a giudizio, altri 10 mesi per il rinvio, un altro anno per arrivare alla sentenza, a dicembre dell’anno scorso, e ancora uno per l’udienza di secondo grado di ieri, con il «non luogo a procedere» per prescrizio­ne. Così è svanito un possibile accertamen­to della verità, almeno giudiziari­a. E delle due opzioni bisogna sceglierne solo una: o la giustizia è troppo lenta o i tempi previsti per la prescrizio­ne sono troppo brevi. Difficile, forse, dare risposte. Ma di certo, almeno sui tempi, non ci sono responsabi­lità di Pierluca Locatelli o di Marcello Moro.

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