Giustizia in ritardo anche su Moro: tangente prescritta
In Appello revocata la confisca di 1 milione
È trascorso troppo tempo, il reato è prescritto. La (presunta) tangente per cui Marcello Moro era stato condannato a 18 mesi, nel dicembre 2016, a Bergamo, ieri in Appello a Brescia è finita con una sentenza di non doversi procedere. I giudici, inoltre, hanno revocato la confisca del milione e 103 mila euro che erano stati congelati all’ex assessore comunale su un conto svizzero, perché non aveva giustificato la loro provenienza. L’unico conto che Moro deve pagare è al Comune di Bergamo, parte civile: 50.000 euro di risarcimento. Per la stessa vicenda, nel 2014 Pierluca Locatelli è stato condannato a sei mesi per corruzione impropria confermati in Appello. Aveva raccontato di aver pagato a Moro 50.000 euro per oliare la transazione tra il Comune e la Baldassini-Tognozzi, per i lavori di Sant’Agostino. Accusando se stesso, aveva accusato anche Moro. Per Locatelli manca la parola della Cassazione.
«Vorrà dire che dovrò attendere l’Appello quando, son certo, sarà fatta giustizia e anche quest’ultima accusa si dimostrerà per quella che è, totalmente falsa». Il 6 dicembre 2016, da San Diego, California, l’ex assessore comunale al Personale Marcello Moro reagiva alla condanna a 18 mesi per la tangente di Pierluca Locatelli, per i lavori di Sant’Agostino. Cinquantamila euro, prima tranche cui ne sarebbe seguita una identica. Era stato assolto dalle accuse di falso, abuso d’ufficio e finanziamento illecito ai partiti.
Ieri in Appello ha deciso più che altro il tempo: sentenza di non doversi procedere per prescrizione. Che sia diverso dall’assoluzione si capisce anche dal risarcimento che spetta comunque al Comune di Bergamo, parte civile con l’avvocato Mauro Angarano, 50.000 euro (60.000 con le spese legali), metà dei 100.000 decisi in primo grado. Non sono spiccioli, ma sono poca cosa rispetto al conto che era stato presentato a Moro dai giudici di Bergamo. La confisca di 1.103.000 euro che ieri è stata revocata, fatta salva la cifra che spetta a Palafrizzoni. Sarebbe diventata effettiva in caso di conferma della condanna. Sono soldi sul conto svizzero di una fiduciaria, su mandato dell’ex assessore. Il pm Giancarlo Mancusi li aveva scoperti a seguito di un movimento di 300 mila euro dal conto di Lugano a quello intestato a Moro, alla Bank of the West di Beverly Hills. Che cosa c’entrano con l’inchiesta? Nulla, ma l’indagato per corruzione ha l’onere della prova invertito, deve cioè dimostrare la provenienza lecita dei suoi soldi. «È il pagamento in contanti di affari leciti con il Ghana», aveva spiegato l’avvocato Nadia Germanà con le dichiarazioni di imprenditori africani a corredo. Ma il collegio (presidente Antonella Bertoja) aveva tenuto il denaro sotto zero. I giudici bresciani potrebbero aver accolto la linea difensiva, cioè che la provenienza del denaro è lecita, una valutazione che può andare disgiunta dalla prescrizione ma che si capirà dalle motivazioni.
Il tribunale di Bergamo aveva riqualificato il reato da corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio a corruzione per un atto d’ufficio, cioè un pagamento per fare quello che comunque andava fatto, approvare la transazione del 2009 tra il Comune e la Baldassini-Tognozzi, società appaltatrice dei lavori in Sant’Agostino e debitrice di Locatelli. Pagata l’impresa, avrebbe preso i soldi anche lui.
Buona parte del processo si è fondata sulle parole di Locatelli. Così il costruttore ha riportato in aula un colloquio con Moro, a cui all’epoca aveva chiesto aiuto: «Mi propone di pagare 100.000 euro, 50.000 per lui e 50.000 per l’avvocato del Comune (risultato estraneo Locatelli aveva fatto il suo nome nel contesto di un’altra inchiesta. Intercettato, parlava di soldi da dare a «Marcello» e, una volta interrogato dal pm di Milano, ha detto che si trattava di Moro. L’ex assessore ha sempre parlato di falsità: «Quel Marcello non sono
Sono certo che sarà fatta giustizia una volta per tutte e questa accusa si dimostrerà per quella che è: falsa Marcello
Moro Nel 2016
dopo la condanna L’accusatore Per la stessa mazzetta Locatelli è stato condannato a 6 mesi: ora in Cassazione
io». Il perno dell’inchiesta, Locatelli appunto, aveva retto a Bergamo. Ma di quella tangente, allo stato rimane solo la sua condanna per corruzione impropria (e finanziamento illecito ai partiti). Sei mesi in udienza preliminare, nel 2014, confermati in appello. In attesa della Cassazione