Nell’area imbarchi di Orio decolla il film su Astino
Il video nell’area imbarchi di Orio: i viaggiatori in partenza portano con sé le immagini del monastero e della sua valle
Abbiamo cercato di cogliere lo spettacolo della natura Elisabetta Sola Officina della Comunicazione
Chissà dove avranno pensato di trovarsi i grandi del G7 dell’Agricoltura, guardando il video-promo di Astino. Cinque minuti, nella versione mini, in inglese, (ma ne è stata prodotta anche una più lunga di 15 minuti in italiano) concertati per lo storico summit dello scorso ottobre e proiettati in apertura dei lavori. Regia narrativa e sottofondo di musiche epiche per un video-racconto che comincia con la più classica delle formule favolistiche: once upon a time, c’era una volta. E per fortuna c’è ancora il monastero, recuperato in tutta la sua bellezza, ma soprattutto ci sarà, in un futuro neanche troppo lontano (cinque, sette anni al massimo dicono gli esperti) il compimento del progetto agricolo e sostenibile della Valle della Biodiversità. E, verrebbe da dire, di una felicità bucolica diffusa che la produzione cinematografica dell’Officina della Comunicazione di Bergamo è riuscita a esaltare nella semplicità e nella sacralità del lavoro duro. La fatica del bio agricoltore, della terra da zappare, in questo pezzo di Bergamo tra colli e terreni argillosi che un’ultradecennale monocultura di mais è riuscita a impoverire di gran parte dei suoi elementi, produce qualcosa di molto vicino alla serenità. Dal terreno compattato e gnucco, per dirla in bergamasco, nascono sorrisi e cose buone che la regia ha raccolto nella macchina da presa in giornate di sole, insieme ai piccoli frutti, ai cestini di ciliegie, alle piante officinali, al luppolo che poi diventa birra. All’uva, poi trasformata in vino che come canta Neruda nella celebre Ode al vino, nel «cerimoniale del lavoro, ricorda la terra e i suoi doveri a diffondere il cantico del frutto». Il frutto è di quelle viti che nella Valle d’Astino non si sottomettono agli anticrittogamici, ma affidano a zinco e rame la loro ostinata sopravvivenza. E accanto al frusciare del cereale, tra le onde del vento, l’ulivo. Tutta la poesia del tempo che fu, quello dei monaci benedettini che erano contadini per necessità, e del tempo che sarà di chi è bioagricoltore per scelta di speranza, si condensa negli occhi azzurri di un bimbo. Un primo piano che si fonde con altri primissimi piani di bambini in allegra gita tra fiori e farfalle, sotto l’occhio attento di Gabriele Rinaldi che in quell’orto botanico, oggetto di infantili esplorazioni e sorprese, ha messo un pezzo della sua vita. Frutti, colori, sapori. E verde, tanto verde. Ha ragione Elisabetta Sola, produttrice dell’Officina della Comunicazione quando afferma: «Abbiamo cercato di cogliere lo spettacolo della natura». Portentoso. Basta immergersi in quei cinque minuti per sentirsi rigenerati. Una cosa che, auspicabilmente, potrà succedere ai viaggiatori dell’aeroporto di Orio. Nell’area imbarchi, proprio in fondo, su un grande videowall il filmato verrà proposto in loop, alternandosi ai messaggi pubblicitari e ad altri filmati di valorizzazione territoriale. Un compito non secondario di Sacbo, quello del sostegno al territorio, che nella fattispecie si è tradotto in una co-partecipazione finanziaria con il Comune di Bergamo per i 20 mila euro del filmato. Che andrebbe mostrato anche e soprattutto ad Astino. Sarebbe interessante sapere quanti dei 3.500 partecipanti di Astino nel Gusto (con gli chef stellati), esaltati da Christophe Sanchez, ad di Turismo Bergamo, hanno una vaga idea di che cosa ci possa essere fuori dal monastero, oltre uno (stellato) menù.