Corriere della Sera (Bergamo)

La Duse di Paladina

Marta Malvestiti stella nascente del Piccolo: «Il soprannome da bimba: ogni capriccio diventava un dramma»

- Federico Fumagalli

Benedice il Piccolo. E Luca Ronconi da lassù («ho fatto in tempo ad assistere alle sue ultime lezioni. Lasciava ancora tutti a bocca aperta, malgrado fosse anziano e stanco»). La carriera d’attrice di Marta Malvestiti nasce a Milano, alla Scuola del Piccolo Teatro intitolata al grande regista, scomparso nel 2015. Lei, bella ragazza begli occhi grandi, classe 1992, di Paladina, nasce in una casa non di attori: «Mia mamma è segretaria, mio papà tappezzier­e in pensione». Quanto di più artistico in famiglia «era un bisnonno amante dell’opera». Eppure, col senno di poi, la strada di Marta era segnata: «Da piccola facevo molti capricci, ogni stupidaggi­ne diventava un dramma. Per questo mi chiamavano “la Duse”». Come la famosa attrice, amata da D’Annunzio. Marta l’amore l’ha trovato («un attore, compagno di corso»). E l’ha recitato: «Nel ruolo di Berta, l’innamorata del capo partigiano», protagonis­ta di «Uomini e no».

Saggio di fine corso degli allievi della Scuola, è uno degli spettacoli di punta della stagione e ha concluso le sue repliche tra gli applausi, con il tutto esaurito al Piccolo Teatro Studio Melato. Diretto da Carmelo Rifici e tratto dall’omonimo romanzo di Elio Vittorini sulla Resistenza, ambientato a Milano durante l’occupazion­e tedesca, «Uomini e no» spiega Marta «dà l’opportunit­à di recuperare la conoscenza di un momento storico di cui ci siamo dimenticat­i e che la scuola approfondi­sce poco». Il teatro supplisce la mancanza (tanti i ragazzi delle superiori presenti ogni sera in platea) e la scuola ricambia: «Ho frequentat­o il Liceo Sarpi di Bergamo. Durante la Scuola del Piccolo abbiamo spesso lavorato sui testi della tragedia greca. I miei studi classici sono stati d’aiuto». Utili anche per portare in scena «Intorno ad Ifigenia, liberata» — sul Mito degli Atridi — la scorsa estate al Festival di Spoleto e per il prossimo «Choròs/Il luogo dove si danza»: «Un progetto sul tragico. Uno spettacolo di movimento espressivo, che porteremo al Lac di Lugano in primavera».

Intanto, l’attrice bergamasca ha l’onore artistico-istituzion­ale di una lettura scenica di «Uomini e no» a Parigi, all’Istituto italiano di cultura. Un evento che permette ai francesi di omaggiare Milano e i settant’anni del Piccolo. Ne sono passati venti invece (Natale 1997), dalla morte del suo fondatore Giorgio Strehler che, con lungimiran­za, reclamò anche la scuola di teatro dove Marta si è diplomata. «Milano e il Piccolo mi hanno accolta, qui mi sento a casa. Dai tecnici, alle sarte, ai miei compagni... insieme abbiamo formato una grande famiglia». Anche se, spiega Malvestiti, «in questi tre anni non tutto è stato facile. A Bergamo torno poco e mi manca. Soprattutt­o il suo cielo incredibil­e e i tramonti sulle Mura». Così giovane, Marta ha tanti colleghi di talento, diverse generazion­i di attori, cui rubare un po’ il mestiere: «Meraviglio­so Fausto Paravidino, mi piacerebbe lavorare con lui; Elisabetta Pozzi è un grande esempio per noi giovani attrici; Fausto Cabra è uscito dalla Scuola ed è straordina­rio». E poi Mariangela Melato, la cui presenza è in ogni parete e in ogni angolo del Teatro Studio, che porta il suo nome e la sua memoria. Ricorda Marta: «L’ho vista a Bergamo al Donizetti,

nel 2012 in “Nora alla prova” (spettacolo tratto da “Casa di bambola” di Ibsen, ndr). Mariangela Melato — continua — sarebbe morta l’anno dopo». Benedice anche lei.

Nostalgia «Con tutti i ragazzi del teatro formiamo una famiglia, ma Bergamo mi manca»

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