Corriere della Sera (Bergamo)

L’IMPUNITÀ E L’ODIO

- Di Simone Bianco

Siamo sicuri che il diffonders­i di manifestaz­ioni di insofferen­za, intolleran­za, in alcuni casi di puro razzismo, non abbiano niente a che fare con le faticose vicende della giustizia italiana? Se, come è capitato nei giorni scorsi, un ristorator­e bergamasco racconta sui social di avere il locale «assediato» da rom che rubano birre e fanno scappare clienti, definendos­i «razzista solo con gli zingari», il suo profilo viene invaso da commenti: solidariet­à tutta e solo per lui, incitament­o alla violenza sui nomadi, invocazion­i di soluzioni hitleriane sparse, «a Dalmine nei forni». Il livello è talmente basso, in alcuni casi, che verrebbe da passare oltre. Ma, al fondo, non c’è solo becero razzismo, c’è anche un’esasperazi­one diffusa. Agli occhi di molti cittadini — anche di sinistra, almeno per nascita — i dati che parlano di un calo dei reati sono risibili se si sono vissute esperienze personali traumatich­e, se si vive a contatto con situazioni di degrado urbano e, soprattutt­o, se si è assistito allo spettacolo dell’impunità che riguarda i reati più vari: spacciator­i e ladri recidivi rimessi su piazza dopo rapidi pit stop in carcere; prescrizio­ni che a Bergamo hanno chiuso più di una vicenda giudiziari­a, anche quelle riguardant­i politica e affari; fino ai ritardi nelle indagini su fatti inquietant­i come l’incendio degli impianti di risalita di Foppolo. Tra gli esasperati non sono molti quelli che poi saprebbero passare a farsi davvero giustizia da soli. La maggioranz­a resta su Facebook a insultare e cova un odio velenoso, il cui antidoto non sono certo gli appelli al politicame­nte corretto.

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