Corriere della Sera (Bergamo)

ATALANTA, EUROPA DA SOGNO

«Chi al sorteggio? Non importa: Possiamo arrivare ovunque»

- Donatella Tiraboschi

Alessio Boni lo promette: «Quando l’Atalanta vincerà la Coppa, scenderò in campo per aiutare i giocatori ad alzarla al cielo». Una roba tipo il cielo è azzurro sopra Berlino, per rendere l’idea. «Poi mi metterò la maglia nerazzurra e non me la toglierò più». Per l’attore bergamasco è un momento di doppia felicità: la fiction che lo vede protagonis­ta, La strada di casa, viaggia in termini di audience come l’Atalanta in Europa: «Quando scende in campo, non vedo una squadra che gioca — rivela Boni — ma un’anima che si materializ­za e di questo non possiamo che esserne orgogliosi tutti, io per primo che non ho mai tifato per nessun’altra squadra. Sono atalantino da sempre. C’è l’entusiasmo dei giovani che è il valore aggiunto di un gruppo che fa dell’insieme la sua forza. In campo vediamo ogni volta un gioco di prestigio e il risultato ne è la conseguenz­a», conclude Boni.

Gli fa eco un entusiasta Roby Facchinett­i: «Quello che ci auguriamo tutti, tutti noi tifosi ma anche tutta la città, perché l’Atalanta è un patrimonio d’amore comune, è che la squadra continui a giocare come sa fare: in questo modo non dovrà temere nessuno.

Stiamo giocando senza paura e quindi non temiamo nessuno. Intanto però mettiamo in sicurezza il campionato piazzandoc­i stabilment­e nella parte sinistra della classifica Omar Fantini

Alessio Boni Quando scende in campo non vedo una squadra che gioca, ma un’anima che si materializ­za

Emiliano Mondonico I quarti sono una possibilit­à concreta, l’Atalanta può giocarsela con chiunque

Andrea Mastrovito Lo squadrone siamo noi, sono gli altri che devono preoccupar­si di incontrarc­i

Giorgio Marchesi Ai sedicesimi spero di pescare una città dove ripetere una festosa e pacifica invasione

Andiamo avanti così, qualsiasi sia l’esito dei sorteggi». Che cosa uscirà dal cilindro? Meglio una squadra abbordabil­e o uno squadrone? «Chissenefr­ega — esordisce allegramen­te il comico Omar Fantini, pure lui sicurissim­o di una vittoria finale —, dal momento che puntiamo alla Coppa (che lui e Boni si siano telefonati? ndr) vanno bene tutte, anche se sarei tentato dall’idea di un partitone pazzesco con una big, tipo Borussia. Stiamo giocando senza paura e quindi non temiamo nessuno. Intanto però mettiamo in sicurezza il campionato, nel senso di piazzarci stabilment­e nella parte sinistra della classifica, perché non si possono fare sfracelli in Uefa e poi faticare con il Benevento. Anche il campionato ha la sua importanza, perché è qui che si costruisce l’avventura europea del prossimo anno».

«Le sfide europee ci galvade nizzano», rintuzza Giorgio Marchesi che ieri mattina era ancora a Reggio Emilia. L’attore bergamasco l’aveva promesso non appena configurat­o il terribile girone: seguirò tutte le partite europee. Detto, fatto: «E le trasferte mica finiscono qui, perché possiamo andare avanti e giocarcela tranquilla­mente come abbiamo fatto finora. Anche contro il Lione ho visto una bella Atalanta e il prosieguo di questa avventura dipen- solo da noi. Spero solo di incontrare nei sedicesimi una città dove poter ripetere una festosa e pacifica invasione». Pensa ad una specie di legge del contrappas­so del sorteggio anche Gianfelice Facchetti: «È possibile che si compensi un sorteggio tosto come quello del girone con una squadra più abbordabil­e nei sedicesimi — afferma il regista — ma non mi preoccuper­ei troppo perché l’Atalanta è attrezzata per arrivare ovunque. Anzi penso che potrà arrivare alla fine ed essere una delle più grandi sorprese».

Anche mister Emiliano Mondonico è ottimista: «Vedo i quarti come una possibilit­à molto concreta, tanto più che, ad eccezione delle 3, 4 squadre che vengono dalla Champions, l’Atalanta se la può giocare con chiunque. È un’Uefa che ci vede protagonis­ti». Si congratula il presidente di Ubi Andrea Moltrasio: «Con questa personalit­à la squadra non avrà problemi a passare i sedicesimi». Andrea Mastrovito ribalta la prospettiv­a: «Il grande squadrone siamo noi, sono gli altri che si devono preoccupar­e di incontrarc­i».

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