Corriere della Sera (Bergamo)

Senza più un tetto

- Gisella Laterza Gi.La. Gi. La. Gi. La.

Il marito se ne va, i debiti no

Ci sono molte ragioni che conducono al mancato pagamento del mutuo, che poi fa scattare il pignoramen­to. Tra queste, c’è la separazion­e o il divorzio di due coniugi. È accaduto a una donna della Valle Brembana. Il marito è andato all’estero, in un paese dell’Est Europa, senza lasciare traccia: lei non sa dove sia. La donna ha chiesto la separazion­e, ma pur avendo dei figli, l’uomo non ha mai pagato gli alimenti. E ha lasciato alla moglie il mutuo, che era intestato a entrambi, e altri debiti di varia natura, dovuti alla richiesta di prestiti personali. La signora ha un lavoro che le permette di guadagnare 1.400 euro al mese, ma i debiti si aggirano attorno ai 1.800 euro. Può ricorrere a un procedimen­to che si usa raramente, dichiarand­o un «fallimento personale», come

Èincerta la sorte di un uomo di origini bulgare e residente nell’Isola bergamasca. I fatti risalgono a quattro anni fa, ma la vicenda, per questione di burocrazia, si avvia alla conclusion­e in questi mesi. Una storia difficile. Poco dopo aver acceso un mutuo per comprare un’abitazione, ha scoperto che la moglie aveva un tumore a uno stadio avanzato. A causa del suo lavoro, per cui viaggiava spesso, ha preferito tornare con lei e con i parenti in Bulgaria, perché le loro famiglie, rimaste lì, potessero essere vicine, di supporto in particolar­e. Purtroppo in Italia, nel frattempo, i soldi sul conto corrente sono finiti per pagare le rate del mutuo. Al mutuo inoltre erano legate anche le rate dell’assicurazi­one sulla vita della moglie. «Si trattava di poche decine di euro al mese — spiega Sergio Carobbio di Adiconsum. È qualcosa simile al fallimento aziendale, ma riferito a una sola persona fisica. Questo è possibile se c’è una pluralità di debiti da saldare. La signora si è affidata a un avvocato e starà al giudice stabilire se ci sia l’ammissibil­ità perché il ricorso possa essere recepito. Secondo Carobbio, le condizioni possono essere accettate perché la donna ha uno stipendio regolare. Dunque il giudice potrà nominare un perito che si occuperà del caso. Alla donna resterà da pagare una percentual­e dei debiti uguale per tutti i creditori, in modo tale da non essere debitrice a vita. Le resteranno anche da saldare i costi dell’avvocato e del tribunale, che rientreran­no nel monte dei debiti.

Moglie malata e risorse finite

dice Adiconsum —, ma le disgrazie non vengono mai da sole e dunque l’assicurazi­one, non avendo potuto rispettare le rate, è decaduta». La moglie è morta in Bulgaria e l’uomo è tornato in Italia con la figlia, ritrovando­si in una situazione drammatica. Ha provato a cercare un compratore per la casa, in modo tale che la situazione potesse risolversi. «Abbiamo portato degli agenti immobiliar­i, ma offrivano una cifra troppo bassa — conclude Sergio Carobbio, dell’associazio­ne —. Da tre o quattro mesi non ho più avuto sue notizie, ma temo che la casa, ora che sono passati anni da quando il procedimen­to giudiziari­o si è avviato, sia in dirittura d’arrivo per la vendita all’asta».

«Ora si stanno concludend­o procedimen­ti iniziati 6 o 7 anni fa, che terminano con uno sfratto». Sergio Carobbio, segretario di Adiconsum, dà l’allarme su un problema economico e sociale. «Dall’inizio dell’anno — dice — solo al nostro sportello si sono rivolte 50 persone con in mano una lettera di pignoramen­to. Dodici di queste hanno ricevuto lo sfratto nel corso del 2017». Il segretario di Adiconsum spiega che il pignoramen­to «scatta, in teoria, dopo 6 rate di mutuo non pagate. In realtà la faccenda va più per le lunghe e spesso passano anni». Ma la crisi ha affossato i prezzi. «Prima del 2008 — conclude —, con l’asta si vendeva l’immobile a un prezzo superiore al residuo del mutuo. Ora uno degli ultimi è stato venduto a 17 mila euro, con 12 mila euro di spese di tribunale, 5.400 andati alla banca, e un residuo di 80 mila euro ancora da pagare da parte del mutuatario al quale, se lavora, viene pignorata una parte dello stipendio». Carobbio racconta 4 storie, qui pubblicate, «diverse ma simili. Coinvolgon­o persone di origine straniera che sono le prime ad aver perso il lavoro con la crisi, ma anche bergamasch­i». Sono storie «molto delicate. Chi è coinvolto preferisce non rivelare la propria identità». (gi.la.)

Il papà garante deve vendere

In un altro caso, le spese del pignoramen­to della casa del figlio sono rimaste al padre. In Valle Seriana, un giovane aveva un lavoro stabile e una relativa sicurezza economica e personale. Ha deciso dunque di prendere casa, ma non potendo comprarla, ha chiesto un mutuo a una banca, avendo il padre come garante. «Essere garante non significa solo prestare il nome, come spesso si crede — avvisa Adiconsum —. Ma significa, in pratica, sottoscriv­ere un mutuo, impegnando­si a subentrare ai debiti non pagati dall’obbligato principale, se non può estinguerl­i. Non ci si può sottrarre». È accaduto infatti che il figlio, per problemi personali, ha perso il lavoro. Si è trovato dunque con 100 mila euro ancora da pagare: si trattava di una bella casa e il valore

Tra i casi di pignoramen­to, molti toccano famiglie di immigrati. È la vicenda di una famiglia senegalese della Bassa, che avrebbe dovuto lasciare la casa entro fine dicembre, ma grazie a un accordo con il Comune, lo sfratto è rimandato di altri sei mesi. La famiglia è composta da padre, madre e 6 figli, di cui 5 nati in Italia, che hanno dai 2 ai 18 anni. La madre ha svolto diverse mansioni tramite agenzie e cooperativ­e; il padre prima era operaio, poi ha cercato lavoro come camionista, l’ha trovato, ma la ditta è fallita e lui ha perso l’impiego nel 2009. Da allora ad oggi ha trovato e perso il lavoro 2 volte, da poco è stato assunto la terza volta. Ma nei periodi senza stipendio si è trovato nell’impossibil­ità di pagare il mutuo e ne ha richiesto la sospension­e. La complessiv­o era di 140 mila. Il padre aveva ulteriori due case dove abitavano altri due figli. Sapendo che gli appartamen­ti all’asta vengono venduti a prezzi troppo bassi per estinguere il mutuo, il padre ha fatto un accordo con la banca e, tramite un profession­ista, nel giro di non troppo tempo è riuscito a vendere una delle case di cui era proprietar­io e dentro la quale era residente uno dei figli. Con la casa, che era un immobile di un certo pregio, ha chiuso il mutuo del primo figlio, mentre il secondo (come ipotizza Carobbio) probabilme­nte è rimasto inquilino dell’immobile di pregio, ma come affittuari­o del nuovo proprietar­io. In questo modo è riuscito a salvare la situazione dei figli e a pagare quanto dovuto alla banca.

Rate sospese, ma poi più care

banca, tramite l’intercessi­one di Adiconsum, l’ha concessa e nel frattempo l’uomo è riuscito a trovare un’occupazion­e. Allo scadere della sospension­e, però, ha dovuto pagare, come da accordi, sia il mutuo sia la mora prevista. Non era nelle sue possibilit­à. Il pignoramen­to è scattato 4 anni fa e la casa è stata messa all’asta. Per due volte, l’asta è andata deserta. Alla terza, c’è stato un compratore, ora titolare. La famiglia dovrà lasciare l’immobile. Grazie all’intervento del Comune, lo sfratto sarà effettivo non a fine dicembre ma tra sei mesi. La famiglia cerca un’altra casa, ora, non riuscendo però a trovare nessuno che conceda un affitto. È in lista per le case Aler, con la speranza di riuscire a trovare una sistemazio­ne entro 6 mesi.

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