Corriere della Sera (Bergamo)

Bovisio, armi da guerra pronte all’uso Spunta l’arsenale dei super-banditi

Pistole e fucili in un garage. Ripartono le indagini sulla banda italiana dei «Burgman»

- Andrea Galli

I terribili quattro: Giuseppe e Giorgio Ferro, fratelli; Giovanni Cuzzi; Michelange­lo Barbara (accento sulla seconda «a»). Banditi italiani nati nelle province di Milano, Como e Varese. Una delle batterie più meticolose, feroci e prolifiche che si ricordino. Una settantina di «colpi» in banca: «colpi» spesso raddoppiat­i contro il medesimo obiettivo se non triplicati con arroganza e sprezzo del pericolo, in sfida alle forze dell’ordine. Assalti con mitragliet­te Uzi, con armi già in dotazione alla Wehrmacht, e con bombe, fucili, pistole. Dal 2000 al 2005. Ma non è solo una vecchia storia di mala: potrebbe essere il passato che torna. I carabinier­i, che avevano sgominato quella formazione, hanno appena scoperto un arsenale riconducib­ile a Barbara, in cella da anni. Armi in maggioranz­a oliate, tenute in perfette condizioni, conservate con cura maniacale. A confermare, forse, che non erano state depositate e soprattutt­o dimenticat­e. Erano calde. Caldissime.

Le indagini dunque ripartono, con l’obiettivo di collegare eventuali recenti «colpi» a questi «pezzi» sotto l’esame del Ris. La scoperta è stata della Tenenza di Paderno Dugnano. Le voci»sul territorio avevano buttato lì frasi e puntini di sospension­e. Era iniziata la ricerca, conclusa dai carabinier­i nel box di un condominio di Bovisio Masciago, in provincia di Monza e Brianza. C’erano due pistole semiautoma­tiche di fabbricazi­one americana e serba con matricole abrase, canne modificate e silenziato­ri, una semiautoma­tica russa, un Ak-47, un fucile d’assalto svizzero… Il garage appartiene a Barbara, il più giovane del quartetto coi suoi 41 anni: Giuseppe e Giorgio Ferro ne hanno 56 e 54, Cuzzi 66. C’erano anche divise di personale degli istituti di sicurezza, un «marchio» della batteria che, nella pianificaz­ione dei raid, giocava tutte le carte proprio sugli spostament­i e i tempi dei furgoni della vigilanza, per entrare in azione quando «transitava» denaro abbondante. La chiamavano «la banda dei Burgman», lo scooterone della Suzuki, il mezzo preferito per seminare i cacciatori. I quali con questi banditi non hanno mai avuto vita facile, abili com’erano loro a coprirsi — maschere, parrucche, barbe finte — e non lasciare «visibile» nessuna parte del corpo che potesse fornire un aiuto agli investigat­ori, impegnati per anni, rapina dopo rapina, a setacciare i filmati delle telecamere di videosorve­glianza all’inseguimen­to, per appunto, d’un particolar­e. La tigna e la costanza premiano, e i segugi dell’Arma avevano ipotizzato la presenza di Cuzzi nel commando. L’intuizione s’era rivelata corretta nel momento della comparazio­ne del Dna. Monitorand­o quel bandito, i carabinier­i avevano raggiunto i complici. Sono rapinatori, l’abbiamo detto, che fanno parte dell’«antologia» delle batterie, dotati di fantasia e audacia. Fra gli assalti «memorabili» quello al centro commercial­e di Cinisello Balsamo: un uomo spingeva un passeggino, pareva un padre che guardava i negozi. Invece era uno dei banditi con il ruolo di palo: nel passeggino c’era un bambolotto e una coperta nascondeva un mitra.

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Il covo Le armi dei banditi sequestrat­e dai carabinier­i: erano nel box di un condominio di Bovisio Masciago

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