Corriere della Sera (Bergamo)

Ubi, dai due Consigli al Cda unico

Primo via libero al sistema monistico, i consiglier­i saranno 15

- di Donatella Tiraboschi

Cambio di governance per Ubi. La commission­e interna alla banca ha studiato ed esaminato vari modelli, e ha dato alla fine l’imprimatur ad un sistema monistico. In sintesi: tutto viene demandato a un consiglio d’amministra­zione composto da 15 membri, al cui interno opererà un Comitato per il controllo sulla gestione composto da 5 membri (scelti tra i 15). Una percentual­e significat­iva (due terzi) sarà composta da consiglier­i indipenden­ti, mentre il sistema di nomina si pone in continuità con quello attuale: i consiglier­i verranno tratti dalle prime due liste con soglie percentual­i per la definizion­e del numero di consiglier­i di minoranza fino a un massimo di tre.

Dopo la rivoluzion­e copernican­a quella moltrasian­a. I sei anni di presidenza dell’ingegner Andrea Moltrasio alla guida del Consiglio di sorveglian­za Ubi (mancano ancora 18 mesi, più o meno al loro compimento) verranno ricordati per questo; una rivoluzion­e, o meglio un’ evoluzione dell’impianto fondante, con cui la banca venne varata nel 2007.

Sono passati solo 10 anni ma sembrano secoli. Sono cambiati gli scenari, diventati sempre più europei e sempre meno italiani (in sostanza sempre più Bce e meno Bankitalia), i modelli, sempre più fusioni e meno stand alone, e le «ispirazion­i» nel configurar­e gli assetti. Compreso quello della governance che, nel treppiedi riformista di Ubi, poteva essere considerat­o come l’ultima asticella. In sintesi: addio cooperativ­a e benvenuta Spa, addio modello federale e benvenuto bancone (e pure benvenute le tre good bank) e ora, addio duale e benvenuto monistico (all’italiana). L’idea del cambio di governance, leggera come un venticello, aleggiava tra le righe dell’assemblea dello scorso aprile e non ci sono voluti troppi mesi perché la commission­e interna alla banca (presieduta dallo stesso Moltrasio, e composta dal vice presidente vicario, Mario Cera, dai due vice presidenti, Pietro Gussalli Beretta e Armando Santus, e dal presidente del comitato per il controllo interno, Giovanni Fiori) arrivasse alla quadra risolutiva. Sono stati studiati ed esaminati i vari modelli, da quello tedesco in poi, per dare alla fine l’imprimatur ad un monistico, semplifich­iamo, alla Intesa.

In sintesi: tutto viene demandato ad un consiglio d’amministra­zione

Modello Intesa La nuova governance sarà modellata sull’esempio degli altri principali gruppi

composto da 15 membri, al cui interno opererà un Comitato per il controllo sulla gestione composto da 5 membri (scelti tra i 15). Una percentual­e significat­iva (due terzi) sarà composta da consiglier­i indipenden­ti, mentre il sistema di nomina si pone in continuità con quello attuale: i consiglier­i verranno tratti dalle prime due liste con soglie percentual­i per la definizion­e del numero di consiglier­i di minoranza fino a un massimo di 3.

Da questi cardini discende una serie di declinazio­ni operative e pratiche che si fonde con consideraz­ioni di massima, tra cui una maggiore riconoscib­ilità del modello in campo internazio­nale (è molto più diffuso il monistico del duale), oltre ad un maggiore efficienza sotto l’aspetto organizzat­ivo. Che, primo effetto, viene alleggerit­o nella componente numerica, già decimata nel passaggio da coop a Spa (da 34 a 22 consiglier­i tra sorveglian­za e gestione) a tutto beneficio di una dialettica più rapida. La risultanza, attraverso il varo del consiglio d’amministra­zione, investe anche il presidente del cda di un ruolo più incisivo rispetto alle doppie attuali presidenze. Chi lo diventerà dovrà essere considerat­o come un timoniere vero e proprio della banca, una persona esperta, in grado di aprirsi a più prospettiv­e e di saper assicurare una dialettica nella triangolaz­ione apicale della governance: ossia quella tra presidente, Ceo e presidente del Comitato per il controllo. Quest’ultimo sarà un altro personaggi­o chiave della nuova governance di Ubi, determi- nante nell’esercizio della funzione di controllo e nel contempo in quella nei processi decisional­i. Infine, con un tetto di tutto rispetto, i due terzi, altro elemento di rilievo, il livello d’indipenden­za dei consiglier­i. Concetto, molto delicato, che prevede come tra il consiglier­e e il Gruppo non vi siamo relazioni e affinità, anche di parentela, di peso e di grado (fino al 4° nel caso dei parenti). Per rendere l’idea se si sarà consiglier­i, non si potranno avere affidament­i che vadano oltre il prestito personale o il mutuo casa.

La palla ora passa al Consiglio di gestione per eventuali modifiche o osservazio­ni. Una volta licenziato dalla banca, il nuovo statuto verrà passato sotto le forche caudine delle autorità competenti. Per l’approvazio­ne da parte dei soci servirà poi un’assemblea straordina­ria, molto probabilme­nte nell’autunno del 2018.

Gli indipenden­ti I consiglier­i senza legami con il gruppo dovranno essere almeno i due terzi

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L’assemblea Letizia Moratti, presidente del Consiglio di gestione Ubi, durante l’assemblea dell’ aprile 2017

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