La battaglia fantasma
Un libro storico e una graphic novel indagano sulle apparizioni del 1517 nelle campagne di Verdello
23 dicembre 1517. «Stupende et horribile cose ne’ boschi di Bergamo sono a questi giorni apparse» scriveva il conte Bartolomeo Terzo Martinengo da Villachiara, avamposto della Serenissima, all’amico Onofrio Bon, nunzio veronese alla Repubblica di Venezia. Che, dopo averla letta, gli passò un brivido lungo la schiena. Il capitano di ventura, riportava di apparizioni preoccupanti nella campagna bergamasca, tra Verdello, Osio di Sotto e Levate. A detta di Bartolomeo, dal 16 dicembre si verificavano strani fatti: nell’ampia radura contornata da boschetti vide uscire due eserciti e da ognuno i loro re. Fieri e a cavallo del destriero, si incontravano a metà strada. Poche parole e poi uno dei due lanciava un guanto di ferro in aria in segno di sfida. «Aveva inizio la battaglia, tra grida, spari di artiglieria, tamburi, teste e corpi tagliati, stendardi insanguinati. Bartolomeo scrive di uno spettacolo infernale, che durava mezz’ora e poi scompariva, lasciando i segni del combattimento nella neve», racconta Riccardo Scotti, riportando il contenuto della lettera.
Studioso e ricercatore, appassionato di storia locale, si è imbattuto in questo notizia di scontri fantasmagorici negli anni Sessanta, quando il primo a scriverne, su di un volume di storia locale di Verdello, fu il prozio monsignor Luigi Chiodi. Scotti continua la ricerca. Contatta fondazioni, biblioteche e musei europei e statunitensi, dove sono conservati documenti originali dell’epoca e copie della lettera del 23 dicembre. Il risultato è il libro «Crudelissime e meravigliose battaglie», che sabato, alle 21.30, nello spazio incontri di in dispArte, sarà presentato dall’antropologo Massimo Centini, in occasione del cinquecentesimo anniversario di questi misteriosi fatti, a cui si ispira anche la graphic novel «Il presente di Venturo».
Scritta e disegnata da Michele Eynard, sarà illustrata nella stessa serata con alcuni disegni riprodotti dal vivo e accompagnati dalla lettura di Maurizio Tabani, nei panni del conte Bartolomeo. Nel volume storico confluisce il lavoro di ricerca e studio di Scotti, che per la prima volta raccoglie le riproduzioni di tutti i documenti ritrovati, oltre alle testimonianze riportate dai cronisti dell’epoca e agli scritti di storici più recenti. Dal confronto dei documenti traccia le vicissitudini che quelle notizie ebbero e le diverse manipolazioni subite.
«La lettera del conte Bartolomeo fu stampata in diverse città, arrivò sino a papa Leone X e fu diffusa anche all’estero, con adattamenti. Il clamore delle apparizioni fu tale che accorsero in migliaia per vederle. Si ripetevano più volte al giorno e se ne ha notizia sino alla fine di gennaio del 1518 — continua lo storico —. I cronisti dell’epoca riportarono delle testimonianze: Antonio Verdello scrisse all’amico Paolo Morosini di aver visto ombre scure di forma antropomorfa senza testa. Altri parlavano di avvistamenti di monaci bianchi e neri vicino alla chiesetta di San Giorgio, o di battaglie disputate in cielo o di figure umane che uscivano da terra. Le versioni erano diverse, ma la più frequente era quella di scontri tra eserciti». L’autore mostra come il significato delle apparizioni fu interpretato, a seconda delle necessità, a favore del papa o dell’imperatore, per sostenere una fazione o l’opposta, contro l’invasione degli ottomani o i peccatori, in difesa di Lutero o di Savonarola. L’origine delle apparizioni? Per la storica Ottavia Niccoli fu un primo esempio di mito dell’esercito furioso, che imperversava all’epoca. Per Scotti potrebbe rintracciarsi in un’intossicazione da cibo per un’epidemia di ergotismo. Ma «la soluzione del mistero non c’è — conclude —. La ricerca continua».
A Roma La lettera di denuncia delle apparizioni del conte Bartolomeo arrivò a papa Leone X