UN LUOGO DELL’ANIMA
Acosto di passare per eretico, trovo fantastico festeggiare questo Natale intitolando a Lutero il parco della Trucca, nei pressi del nuovo ospedale. Grandioso abbinamento: Martin Lutero e Giovanni XXIII, cioè a dire due giganti del cristianesimo, due uomini puri e semplici che in modi diversi hanno emendato la Chiesa di tanti errori, soprattutto l’hanno ripulita dalle incrostazioni perverse della secolarizzazione, intese come potere, interesse, integralismo. La Bergamo di oggi non deve temere il nome di Lutero. Il frate agostiniano della Turingia non è responsabile delle manipolazioni e della frantumazione che tanti poi inflissero alla Chiesa usando il suo nome. Lutero risponde solo di sé e del suo, cioè di aver denunciato e rifiutato il degrado inaccettabile, ormai endemico, della sua Chiesa, al culmine sotto il papato di Leone X. Era il Cinquecento, un secolo fertile e prodigioso, il secolo di Erasmo e di Tommaso Moro, un secolo che a scuola dovremmo studiare di più e meglio. A quel tempo Lutero non ne può più del mercato volgare e indecente delle reliquie e delle indulgenze, un borsino demenziale e satanico che permette ai ricchi di comprarsi il paradiso. Da lì in poi, la sua ribellione in nome di Cristo e della verità evangelica lo porterà alla Riforma, con il fiato del papa e dell’imperatore sul collo, fino alla scomunica. Ma neppure nei momenti più cupi, quando la sua stessa vita è in pericolo, il fratacchione mollerà di un centimetro: «Qui sto saldo», sarà la sua storica risposta.
Saldo nel nome di un Dio autentico, che gli parla attraverso la sua coscienza. Soltanto il Papa e la Chiesa del tempo porteranno a fare di Lutero un mezzo demonio. Ma se poi la stessa Chiesa si darà una mossa, arrivando al Concilio di Trento e alla Controriforma, il merito sarà soltanto di quell’«eretico» indomabile. Un eretico che in definitiva ha soltanto la sfortuna di nascere nel periodo sbagliato, cioè troppo presto: fosse un uomo di oggi, troverebbe nel Papa di oggi una sicura sponda, perché parla lo stesso linguaggio dello spirito. Ma questo è il gioco dei se e dei ma che ci diverte sempre discutendo di storia. Resta invece a tutti gli effetti la grandezza di una figura che noi Bergamo di oggi, città cattolica tra le più cattoliche, non dovremmo dimenticare mai (già all’epoca, per la verità, il clero orobico partecipò attivamente alle grandi dispute, con tonache schierate dall’una e dall’altra parte). Da qui in poi sarà bello avere un parco che tiene vivo quel nome: non dobbiamo viverlo, come mi pare di leggere in certi meschini calcoli politici, quale concessione a una chiesa particolare, tanto per tenerla buona. È molto di più. Potrà essere un luogo fisico dove organizzare mostre e convegni sul discusso e intransigente frate tedesco. Ma potrà essere soprattutto uno speciale luogo dell’anima, un richiamo continuo ai valori eterni e universali dell’umanesimo migliore, vissuto sul basamento antisismico della nostra coscienza.