Corriere della Sera (Bergamo)

Casa confiscata al boss La vuole il Comune

Filago, richiesta dal sindaco ormai da un anno e mezzo Era del boss Mancuso, ma c’è l’ipoteca di una banca

- Liuzza

Il sindaco di Filago Daniele Medici l’ha già chiesta un anno e mezzo fa, ma dall’Agenzia nazionale per la destinazio­ne dei beni confiscati non arrivano informazio­ni precise sul caseggiato di tre piani in via Trento 2: è stato confiscato (ma tutte le procedure devono ancora essere completate) al boss della ‘ndrangheta Salvatore Mancuso.

Manca trasparenz­a sulla vicenda. In un anno e mezzo ho ricevuto tre risposte diverse dall’Anbsc, Agenzia Nazionale competente in materia Daniele Medici Sindaco Le ipotesi Il Comune vorrebbe realizzare nuovi appartamen­ti, oltre a parcheggi pubblici

Non sarà certo la burocrazia, con i suoi cavilli, a far demordere il primo cittadino di Filago, Daniele Medici, che da giugno del 2016 prosegue nella sua battaglia per acquisire nel patrimonio comunale la palazzina di tre piani confiscata al boss della ‘ndrangheta Salvatore Mancuso, figlio di Francesco, storico capo di Limbadi (Vibo Valentia), negli anni ‘80. Il degrado dell’immobile, al civico 2 di via Trento, a pochi passi dal centro del paese, è sotto gli occhi di tutti. I negozi al piano terra sono chiusi da molto tempo, i vetri delle finestre sono rotti e nei giorni scorsi, con un’ordinanza, il sindaco ha disposto l’installazi­one di alcune barriere per mettere in sicurezza l’immobile fatiscente.

Mancuso si era stabilito a Giussano (Monza) e nel 2008 aveva acquistato lo stabile di Filago, prima di finire in carcere nell’ambito dell’operazione Sunrise, dei carabinier­i: i militari avevano svelato il suo ruolo attivo, tra gli affiliati in Lombardia, dopo aver trovato un box pieno di armi, con kalashniko­v, in una casa di Seregno. L’immobile nella Bergamasca era stato uno dei suoi tanti investimen­ti, ma era finito sotto sequestro a maggio del 2013, dopo condanne per Mancuso a 5 anni per usura con l’aggravante del metodo mafioso e 4 anni e 4 mesi per traffico internazio­nale di armi. Sentenze poi diventate definitive, con il sequestro che è diventato confisca. Ma tra i verdetti del tribunale e le conseguenz­e pratiche (cioè l’assegnazio­ne dei beni confiscati), ci sono di mezzo procedure non sempre rapide.

«Manca trasparenz­a sulla questione», dice il sindaco Medici. Sono stati diversi i contatti del primo cittadino con l’Anbsc (Agenzia Nazionale per l’Amministra­zione e la destinazio­ne dei beni sequestrat­i e confiscati alla criminalit­à organizzat­a), dopo la manifestaz­ione d’interesse del Comune che risale ormai a giugno 2016, un anno e mezzo fa. «Ho ricevuto solo tre telefonate in cui mi sono state date tre risposte diverse — spiega Medici —. Nella prima veniva promesso il bene al Comune, nel giro di un mese, nella seconda mi è stato detto che l’Agenzia aveva bisogno di liquidità e quindi che l’immobile sarebbe stato venduto e, nella terza, arrivata nei giorni scorsi, ho saputo che il proprietar­io dello stabile aveva fatto un ultimo ricorso». Un passaggio in Cassazione, con cui la Corte ha comunque respinto l’istanza di Mancuso. Ma non basta, perché in un’ultima mail l’Anbsc ha anche specificat­o che ora deve essere il tribunale di primo grado a dare esecuzione alla confisca, con conseguenz­e ancora non note: sull’immobile risultereb­be infatti l’ipoteca da parte di una banca. E quindi non è detto che la palazzina, in via definitiva, possa davvero rientrare tra le proprietà del Comune.

Prosegue la fase di incertezza, su quell’immobile, con area esterna: in tutto 3 mila metri quadrati. Le idee al sindaco non mancano: «Si potrebbero potenziare i parcheggi vicino al centro e realizzare nuovi appartamen­ti, magari di edilizia agevolata». Mentre preoccupan­o i problemi di sicurezza per lo stabile fatiscente, con tanto di amianto sul tetto.

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L’immobile Oggi fatiscente, la palazzina fu acquistata da Mancuso nel 2008
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