Corriere della Sera (Bergamo)

L’oro del Ghana? Meglio le pulizie

- di Beppe Fumagalli

Per gli Ashanti del Ghana l’oro non è un metallo prezioso. È un metallo divino. È la materia prima di tutti i più importanti oggetti di culto, adorna i sacerdoti durante le cerimonie.

Il suo colore satura i tessuti Kente indossati da personaggi di stirpe reale. La città di Obouasi, al centro del Paese, è appoggiata su uno dei più grandi filoni auriferi al mondo. Un fiume giallo inseguito attraverso gallerie e cunicoli fino a 2.000 metri di profondità, sbriciolat­o a colpi di martello pneumatico e portato in superficie per essere colato in lingotti da 25 chili, marchiati Ashanti Goldfields, principale società mineraria ghanese. Michael viene da lì. Ha girato le spalle a un filone d’oro che arricchisc­e sempre le stesse persone, è venuto in Italia e da allora la sua giornata comincia alle 5 di mattina. Sale sui treni li percorre avanti e indietro trascinand­o dietro di sé un parallelep­ipedo di alluminio, si ferma, spalanca il suo bagaglio, estrae attrezzi e prodotti di pulizia e riporta igiene decoro e profumo nelle carrozze affollate di umanità. «È dura», dice, «ma sono contento di avere un lavoro che mi permette di mantenere la mia famiglia, mi lascia i pomeriggi liberi e mi consente di seguire i corsi serali per la laurea in ingegneria». La vita di Michael è qui, nostalgia di Obouasi non ne ha e quando ci torna si sente un marziano. «Amici e parenti mi trattano come un riccone», dice. «Loro campano con niente, non si rendono conto di quanto sia dura la vita in Europa, quanto sia faticoso tirare avanti. Per loro tu che vivi nel Paese degli «obroni», i bianchi, sei come un filone d’oro e tutti vogliono la loro parte. Quando non ti lasci spolpare si sorprendon­o. Sono convinti che l’Europa e chi ci vive abbiano risorse inesauribi­li. The sea never dry, dicono, il mare non si asciuga mai».

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