Dall’amico ai vicini Il rompicapo del delitto Roveri
Il primo sospettato scagionato dalle telecamere di casa sua. Senza esito le altre piste battute
Icolleghi, gli amici, i vicini di casa. Tutti passati e ripassati ai raggi X. Eppure, resta un mistero l’omicidio di Daniela Roveri, la manager di 48 anni uccisa nell’androne del suo palazzo a Colognola, il 20 dicembre 2016. Nel mirino della polizia era finito l’amico che frequentava la sua stessa palestra. Era il sospettato perfetto per un possibile movente passionale e perché la sera dell’omicidio aveva lasciato la palestra a un orario compatibile con quello dell’omicidio. Ha, però, un alibi di ferro. Le telecamere del sistema di videosorveglianza dell’appartamento dove viveva insieme alla fidanzata lo riprendono in salotto. Finiti nel nulla anche i sospetti su un vicino.
«Daniela era tutta la mia vita. Era la gioia di vederla ogni mattina andare dritta al lavoro. Era la gioia di ritrovarsi ogni sera e trascorrere ore a dialogare e scambiarsi confidenze sugli eventi della giornata». Il dolore di Silva Arvati era arrivato con una lettera alla preghiera del quartiere di Colognola, a un anno dall’omicidio della figlia Daniela Roveri, il 20 dicembre.
La madre, l’ufficio, la palestra. E un amico. Il ristretto giro della manager di 48 anni alla Icra di San Paolo d’Argon limita anche le indagini. Il vicinato, il lavoro e l’amico. Gira e rigira, le piste battute e ribattute sono quelle. Il nuovo capo della squadra Mobile, Salvatore Tognolosi, ci ha messo la testa daccapo. Ma a distanza di 383 giorni, l’assassino di via Keplero 11 è ancora un’ombra. Salvo colpi di scena, del lavoro della polizia per ora restano i retroscena dei vicoli ciechi.
Come l’alibi di ferro dell’amico della palestra. Era il sospettato perfetto. Fidanzato con un’altra donna, avrebbe potuto avere un movente passionale. I suoi orari di uscita dalla palestra, inoltre, sarebbero stati compatibili con il delitto. Ma il suo alibi di ferro è nelle telecamere che lo riprendono all’interno della casa in cui viveva con la compagna. Lei era uscita per cena e aveva inserito l’allarme, che ha attivato anche la videosorveglianza. La polizia ha verificato che gli orari delle riprese non fossero stati manomessi. Non lo erano. Ha anche approfondito chi è questo uomo, chi frequenta, se avesse altre relazioni e problemi di soldi. Ma sono dettagli rispetto al peso delle immagini dentro casa.
La Mobile ha puntato la lente anche sul vicinato. Ha «schedato» i residenti del palazzo in cui la vittima viveva, sopra la madre, e di quelli attorno. Un uomo più degli altri, per i suoi trascorsi, ma anche i sospetti su di lui sono finiti nel nulla. Così come le indagini su un’azienda straniera che aveva contatti con la Icra e sulla (mancata) assunzione in azienda di una colf rumena a cui la Roveri si era opposta.
La penuria di spunti per un’ipotesi privilegiata (salvo che non sia custodita nel segreto delle indagini) significa che il colpevole può essere un professionista spietato così come un assassino che ha avuto fortuna. Nessuno lo ha visto, attorno alle 20, nonostante le luci nell’androne e un grande condominio proprio di fronte al civico 11, oltre a un parcheggio. Si è preso la borsetta della vittima con dentro il cellulare e l’ha buttata non lontano. L’iPhone 6 è rimasto acceso per un giorno e mezzo, e ha agganciato la cella che copre anche via Keplero. Nonostante le battute della polizia tra strade e campi, però, la borsa non è mai stata ritrovata.
L’assassino potrebbe aver lasciato il suo Dna, quindi aver agito senza guanti. Su una guancia e sull’indice della mano destra della vittima c’è la traccia di un uomo. Il problema è che per la scarsa quantità di materiale la
Il quartiere Un residente aveva sollevato dei dubbi per i suoi trascorsi ma non hanno portato a nulla
Scientifica ha estrapolato solo l’aplotipo Y. Accomuna i maschi di una stessa discendenza paterna. Ma non è un Dna, nemmeno parziale. Le tracce sono passate al Ris, per tentare di ricavarne un profilo e per confrontarlo, per scrupolo, con il Dna trovato su un guanto collegato al delitto di Gianna Del Gaudio, a Seriate.