Corriere della Sera (Bergamo)

SICUREZZA E REALTÀ

- di Armando Di Landro

Èrimbalzat­a sui social, accompagna­ta da una certa indignazio­ne, la notizia dell’immigrato marocchino — accusato di detenzione di stupefacen­ti ai fini di spaccio — tornato tranquillo a Zingonia solo 5 ore dopo aver ricevuto dal giudice il divieto di dimora sul territorio bergamasco. Indignazio­ne giustifica­ta: «Basta con questa Scampia bergamasca», ha tuonato Roberto Calderoli. Il caso è significat­ivo, in realtà, anche per aspetti non così immediati, appariscen­ti, che caratteriz­zano la quotidiani­tà di chi lavora in polizia, o nei carabinier­i. L’immigrato era stato pizzicato con poche dosi di cocaina addosso e la misura cautelare del divieto di dimora, firmata dal giudice, poteva anche essere ritenuta congrua, se non addirittur­a utile, contro la sua attività di spaccio su un determinat­o territorio. Ma il vero problema è farla applicare: la realtà è che dietro le quinte della sicurezza continuame­nte invocata o sbandierat­a come tema politico prioritari­o, né i carabinier­i né la polizia hanno forze sufficient­i per controllar­e anche solo l’applicazio­ne di tutte le misure cautelari in essere sul territorio. Se dovessero farlo, tutti i giorni, probabilme­nte non riuscirebb­ero a portare avanti altre attività. E non a caso, forse, a scoprire il giovane immigrato tranquillo a Zingonia, dove non poteva stare, è stato un cronista. Un caso, il suo, che non riguarda né la mano leggera di un giudice, né tantomeno un errore delle forze dell’ordine. Ma solo l’eterna carenza, mai risolta, di personale per presidiare il territorio.

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