L’Africa di Francesco Tra scuole, strade e la sua famiglia
Tutto era iniziato in Kenya, da studente. I genitori sono partiti
I genitori arriveranno oggi in Uganda per riportare a Treviglio la salma del figlio Francesco Frigerio, ingegnere, morto in uno schianto. In Africa aveva conosciuto la moglie, madre dei suoi tre figli. La sorella: «Era partito per il Kenya per la tesi, aveva costruito una scuola».
«When one has a good heart, he is no longer afraid of anything, he is happy with everything, he only wants to love». Recita così il santino per il funerale di Francesco Frigerio, il trevigliese di 37 anni morto in Uganda in un incidente d’auto, la mattina di mercoledì. «Quando uno ha il cuore buono non ha più paura di niente, è felice di ogni cosa, vuole amare solamente».
A scegliere queste frasi è stata la moglie Sara Pasolini, 39 anni, estrapolandole dal testo di una canzone di Claudio Chieffo, cantata da Comunione e Liberazione, a cui il marito, e la sua famiglia, erano legati. In Africa, in pianta stabile, viveva dal 2008 ma era stato rapito da quella realtà già nel 2004. A quel tempo, era uno studente di ingegneria civile al Politecnico di Milano e aveva vissuto un anno in Kenya come volontario con l’Ong Avsi (Associazione Volontari Servizio Internazionale). «Era partito inizialmente per scrivere la tesi di laurea ma alla fine ha costruito una scuola, la “Little Prince”, a Nairobi, e poi è ritornato per laurearsi. Lì aveva anche conosciuto Sara, che si occupava di adozioni a distanza», racconta al telefono Anna, la sorella minore di 29 anni, dopo aver portato i suoi genitori all’aeroporto di Malpensa. Papà Giovanni e la mamma Enrica Carminati hanno preso il primo volo disponibile ieri alle 11 con la Turkish Airlines e arriveranno stamattina in Uganda. In Italia, ad aspettarli, rimangono la figlia maggiore Chiara, 39 anni, il terzo figlio Martino, trentatreenne che vive a Londra, e Anna. Francesco, diplomato al liceo scientifico Galileo Galilei di Caravaggio, dopo l’anno in Kenya si era laureato e aveva iniziato a lavorare in Italia come direttore dei lavori in imprese edili. Prima alla «Albini Castelli» di Varese nel 2005 e poi, dal 2006 al 2008, nell’azienda Ars Aedificandi di Villa d’Adda. L’anno prima della partenza, nel 2007, si era sposato a Varese con Sara e, con la moglie incinta del primo figlio Luigi, nato a dicembre 2008, era ripartito alla volta dell’Africa: destinazione Uganda. Ci era tornato da volontario, ancora con Avsi: 3 anni a Kitgum, nord del paese, come responsabile dei progetti (dall’ambito sanitario all’edile), quindi il trasferimento a Gulu nel 2012 e la sistemazione definitiva a Kampala nel 2014, non prima però di essere diventato, nel 2013, una seconda volta padre grazie alla nascita di Lucia.
«Sara, la moglie, nel frattempo lavorava anche lei come volontaria in progetti educativi. In Italia tornavano nei mesi di luglio e agosto. In famiglia anche mio fratello Martino ha lavorato come volontario con Avsi in Perù, per tre anni, ed è appena tornato», racconta ancora la sorella Anna che l’ha visto l’ultima volta l’estate scorsa.
Nei pensieri di Francesco, famiglia e amici a parte, era sempre rimasta la sua vocazione come ingegnere così come l’esperienza alla Ars Aedification. Infatti, nel 2014, aveva messo in stand-by il volontariato per fondare, insieme all’ex direttore della Ars milanese, Luca Broggi, la sua impresa di costruzioni: la Ars Construction con sede a Kampala. Nel 2016 era diventato padre per la terza volta, di Giuseppe. «Con la sua azienda ha costruito tante opere che erano legate sia al mondo delle Ong, come ospedali e scuole, che a quello di istituzioni di altra natura. Nella sua azienda lavoravano dipendenti ugandesi e del luogo, non si era portato personale dall’Italia: gli volevano tutti un gran bene», racconta ancora la sorella. L’azienda continuerà a crescere anche senza di lui. La salma nei prossimi giorni verrà portata a Treviglio per il funerale e la sepoltura.
L’azienda e l’ong Con la sua impresa Ars Construction ha realizzato scuole e ospedali