Banche, che fine hanno fatto gli ex
Sono gli ex pezzi da novanta del mondo creditizio. Da Carrus, a Iorio, da Auletta Armenise a Masnaga. Dopo anni siamo andati a cercarli
Erano i pezzi da novanta. Dopo anni siamo andati a cercarli.
Ho il rammarico di aver ricevuto l’aiuto di tutti ma quando le cose erano ormai compromesse
Di Vicenza non parlo. Sono libero professionista, a 49 anni posso fare ancora molto
Vivo ad Ambivere, viaggio e cammino molto. Sono un aspirante pensionato
Pino Masnaga Ex direttore generale della Popolare di Bergamo
Se arrivasse adesso una chiamata? Comincio ad essere troppo vecchio
Riccardo Sora Ex direttore generale di Ubi
«Quello che è successo dopo la mia partenza da Bergamo? Ci potrei scrivere un libro», afferma in premessa Cristiano Carrus. Magari un libro no, ma certo è che anche le vicissitudini di alcuni banchieri, manager della finanza bergamasca, scomparsi dai radar territoriali per vari motivi, un capitolo lo meritano. Che fine hanno fatto, ad esempio, due pezzi da novanta del mondo bancario orobico, lo stesso Carrus, già diggì del Creberg ora Banco Bpm, e Francesco Iorio, pure ex direttore generale di Ubi, finiti nel disgraziatissimo Est bancario alla guida di Veneto Banca e della Popolare di Vicenza? Come se la passa Pino Masnaga, dopo la clamorosa uscita dalla Popolare di Bergamo dove era considerato il delfino di Emilio Zanetti? Sono passati solo pochi anni, ma sembrano secoli.
È il 2014 quando il veneziano Cristiano Carrus lascia Largo Porta Nuova per approdare in Veneto Banca con l’incarico di Cfo e Vicedirettore generale vicario, per poi essere nominato, il 30 luglio dell’anno successivo, direttore generale. Finisce l’era di Vincenzo Consoli e comincia quella di Carrus che dal 31 dicembre scorso ha concluso il suo incarico in Intesa, la salvatrice di Veneto e Vicenza. Ora è, bancariamente parlando, un uomo libero: «Dopo 40 anni di banca ho dato tutto quello che potevo, ma questo non toglie che i prossimi 10, 15 anni mi vedano impegnato ancora. Metto a disposizione la mia esperienza», afferma con un piglio deciso e il cuore aperto. Insomma, la pensione può tranquillamente attendere. Carrus, che compirà 60 anni tra pochi mesi, attualmente è, infatti, consulente. Risponde dal suo Veneto ( è di Venezia) ma guarda ad Ovest, strizzando l’occhio a Milano, che l’è «semper un gran Milan». La city degli affari e della finanza è, infatti, all’ombra della Madunina e, hai visto mai che la second life, dopo Veneto Banca, possa partire da qui. Intanto pronuncia parole di riconoscenza per l’esperienza professionale in terra bergamasca: «Sono stati anni importantissimi per una serie di motivi e Bergamo mi è rimasta nel cuore, tanto che intrattengo tuttora rapporti saldi con un bel po’ di gente». Quanto all’avventura veneta: «Purtroppo si è registrato il fallimento di un disegno di salvataggio in un contesto molto difficile e dove non esiste un unico responsabile». Certo, Carrus ha il vantaggio di essere salito su un treno già in fase di deragliamento, ma questo nulla toglie ad un suo dispiacere che pare sincero, tanto che alla fatidica domanda, «lo rifarebbe?», la risposta arriva con grande schiettezza: «Quando, professionalmente, ho accettato degli incarichi, l’ho sempre fatto in scienza e coscienza, anche se con il senno di poi c’è il rammarico di aver ricevuto l’aiuto e il supporto di tutti ma quando le cose erano compromesse».
Restando in ambito di guai bancari veneti al cubo, Francesco Iorio è tranchant: «Di Vicenza non parlo» mette in chiaro. Le cose non sono andate come il manager aveva sperato quando, nell’estate del 2015, aveva lasciato Ubi («un bellissimo ricordo») portandosi appresso anche qualche dirigente della banca bergamasca dove aveva ricoperto il ruolo di direttore generale che, con doppio incarico, è rimasto in capo all’ad Victor Massiah. Nei mesi scorsi, sul banchiere frusinate erano girate voci di un possibile ingaggio in Carige: «Ah sì, le ho lette anch’io», afferma stringatissimo. È passato un anno dalle sue dimissioni, e al netto della lunga coda mediatica sui suoi compensi, Iorio ora è tornato alle origini della sua carriera: la consulenza finanziaria. «Sono libero professionista, a 49 anni posso fare ancora molte cose». Imprenditore di se stesso a Milano, dove è tornato a vivere, lasciando Vicenza. «È stata un’esperienza che rifarei». Fine del discorso.
Chi ha davvero cambiato vita è Pino Masnaga, che ha lasciato Ubi, dopo 32 anni nei ranghi della Popolare di Bergamo che ha chiuso come diggì nel 2013, in un marzo (giusto le Idi) dai lunghi coltelli. Il 31 di quel mese ha segnato la sua uscita non solo dalla banca, ma dal mondo della finanza. L’eclisse di Masnaga, tolte sporadiche apparizioni in un paio di assemblee di Ubi e il suo coinvolgimento come teste nell’indagine della banca, è stata totale. Che cosa fa? Vive in quel di Ambivere, dove si definisce un «aspirante pensionato», che — compatibilmente con le incombenze familiari — viaggia e cammina molto.
Intanto Andrea Resti, a capo della terza lista che riporta all’ispirazione del pensiero masnaghiano, siede nel cda della Rev, la società veicolo di Bankitalia, la bad bank dove sono confluiti i crediti difficili di Etruria, Cariferrara, Carichieti e Banca Marche. In pensione c’è finito anche l’ex amministratore delegato del Creberg, Bruno Pezzoni, mentre l’ex diggì sempre del Creberg Giorgio Papa, dopo essere passato nel 2011 a Finlombarda, è attualmente ad della Popolare di Bari.
A fine luglio, dopo l’approvazione dei risultati annuali 2016/17, Giampiero Auletta Armenise, già ad di Bpu, ha concluso il suo incarico di presidente di Rothschild Spa, per sviluppare la sua società finanziaria di investimenti Mistral, di cui è amministratore delegato.
Infine, dopo aver assunto prestigiosi incarichi accollandosi anche grane cosmiche su input di Bankitalia, da qualche mese si definisce «un felice pensionato» anche Riccardo Sora, bergamasco doc, uomo di banca di assoluta caratura e con un lunghissimo cursus honorum in Ubi, di cui è stato anche diggì. Ma se arrivasse una chiamata? Si schermisce:«Comincio ad essere troppo vecchio».