LE RICHIESTE DEI GIOVANI
La stampa riferisce che tre giovani su quattro, chiamati per la prima volta al voto, non intendono avvalersi del diritto. Pessimo segnale: proprio il contrario di quanto auspicato dal Capo dello Stato nel messaggio di fine anno.
Avendo vissuto, a motivo del mio impegno come docente, tra i giovani nell’età compresa tra i 18 e i 24 anni, mi sono chiesto quali analogie abbia il rifiuto di un’offerta politica con la rinuncia a frequentare certi corsi universitari. E l’analogia mi pare trovi radici nel punto che i giovani cerchino chi capisce lo scenario prossimo venturo, geopolitico e geo-economico, che incontreranno nella vita dopo gli studi e rifiutino invece l’offerta di politica e/o di cultura che guarda all’ormai superato ambito nazionale e alle situazioni vissute dalle precedenti generazioni. L’offerta politica, invece, è gestita nella preoccupazione di non perdere il potere in casa, di opporsi a cessioni di governabilità in Europa, di non tenere in considerazione l’innovazione in un mondo ormai globale per il progresso tecnologico e digitale. Temi di cui non si discute nei programmi delle parti che cercano il voto, che promettono solo più spesa pubblica in disavanzo, secondo un modello di sviluppo che i migliori studiosi ormai affermano superato. Nella nostra città basta osservare come sono seguite le proposte di nuovi corsi di insegnamento del Rettore dell’Università e l’interesse suscitato da ricerche di associazioni di categoria.
Oltre le iniziative imprenditoriali di produrre o di distribuire nel mondo beni e servizi. Credere però che i giovani, con la testa nel mondo, accolgano con interesse una offerta politica, con lo sguardo ripiegato sui pied i nel borgo, è una pura illusione. Non capire che chi rinuncia a votare non cerca assistenza, ma una visione del futuro prossimo, sembra così innaturale da fare pensare all’intelligenza, scarsa, dell’offerta politica. Per questo vanno giudicati con severità i leader politici che cercano popolarità con l’abolizione del canone Rai, con l’abolizione delle tasse universitarie, con la flat tax. I giovani chiedono di essere accompagnati in un mondo globale, dove saper maneggiare informazioni economiche, politiche e sociali. Per questo o non votano o scelgono la protesta. Due vie che non giovano al buon governo, che sono alla lunga un pericolo per la democrazia, che hanno come effetto collaterale l’esportazione non temporanea dei migliori cervelli. Facciamo in modo che questo non accada nell’area di Bergamo, in grado di avvalersi delle eccellenze di tante imprese.