Pastori canta l’obolo della lucciola per il duomo
Treviglio, Carlo Pastori in «Auf – Costruire cattedrali» al Filodrammatici
Quattro commoventi racconti di generosità, narrati in modo lieve, senza dissacrare. Carlo Pastori porta in scena le storie dei benefattori che hanno contribuito alla costruzione del Duomo a Milano in «Auf – Costruire cattedrali», oggi, al Teatro Filodrammatici di Treviglio (alle 16, ingresso 10 euro).
«A folgorarmi è stata la mostra “Ad usum fabricae” al Meeting di Rimini, dove ho scoperto che tutti i fedeli donavano, senza distinzione di classe, per contribuire alla grande impresa, quando ancora c’era solo un cratere, — spiega l’attore milanese —: ne ho scelto quattro esemplari, calandomi ogni volta nella parte del testimone».
A dare l’obolo è stata Marta, prostituta di origini veneziane, che ogni mattina si recava dal fabricere per cedere una parte dei suoi guadagni, lasciando poi in eredità appartamenti e pietre preziose.
Una vecchietta, Caterina, che puliva i sassi in cambio di vitto e alloggio, donò al Duomo la pelliccetta che la riparava dal freddo. Un mercante bergamasco la vide e la ricomprò per una lira, restituendogliela: lei, con quella cifra, si pagò il viaggio per andare in visita dal Papa. E ancora Pastori ricorderà Alessio, il soldato albanese che a spese ornò con due lapidi uno degli altari e Marco Carelli, commerciante, proprietario di 80 palazzi e opere d’arte, che scelse di cedere tutto ancora in vita in cambio di una messa che l’avrebbe ricordato per sempre.
L’artista, che ha fatto parte del cast di «Zelig» con i Martesana in corpore e di «Colorado cafè», non trascurerà la sua vis comica. «Farò cantare il pubblico e mi calerò nei panni del sacrestano che riporterà gli strafalcioni ascoltati a messa, da “indulgenza en plein air” al “me copi, me copi”, pronunciato dalle signore mentre si battono il petto, invece di mea culpa, mea culpa, fino al «Che cosa vuole Giuda?» invece di “è cosa buona e giusta”», sorride.