Un comitato per salvare i tigli
In cella per estorsione e usura: 3.000 euro raddoppiati
Itigli riflessi, di prima mattina, in uno dei canali di Romano di Lombardia. Nella cittadina della Bassa ci sono più di 500 tigli. Ma 112 sono a rischio per un piano di riqualificazione in via Dante e viale Montecatini, con lavori previsti da marzo. E un gruppo di amici, da ottobre a oggi, ha raccolto 2.000 firme contro il taglio delle piante, per riflettere.
Come va a finire si può immaginare fin dall’inizio, quando si chiede un prestito a chi ha la fedina penale macchiata. Il debito lievita e se non si salda arrivano le minacce, quando va bene. Eppure succede che imprenditori o artigiani, ognuno per i propri motivi, non passino per i canali ufficiali del credito né chiedano aiuto a un amico fidato o a un parente.
Era successo a un imprenditore di Trescore, che a fronte di un prestito di 2.000 euro secondo l’accusa ne avrebbe dovuti restituire 3.500 entro un mese al rom Pasquale Bul detto «Pinco», arrestato dai carabinieri il 10 gennaio. È successo ancora, a un artigiano di Osio Sotto che ha chiesto un prestito a Leon Bata, rumeno di 38 anni della zona, e che secondo l’accusa è stato minacciato con questa frase: «Ti mando due amici per spezzarti le gambe».
Invece il rumeno è stato arrestato dalla squadra Mobile, a cui la vittima si è rivolta, denunciandolo, quando ha capito che il suo creditore faceva sul serio. Lo conosceva, per via dell’attività del rumeno di compravendita di automobili usate. Forse non conosceva il suo passato di guai con la giustizia per furto o forse il bisogno di soldi aveva messo in secondo piano questo aspetto. A settembre gli ha chiesto 3.000 euro e ha accettato le condizioni, nonostante il campanello d’allarme: i soldi andavano restituiti entro una settimana altrimenti sarebbero maturati gli interessi di 600 euro al mese (il 20%), oltre alla somma prestata. Com’era prevedibile, il tempo non è bastato. A novembre l’artigiano è riuscito a restituire solo una parte del debito. Il rumeno gli ha fatto capire subito che i patti non erano quelli. Si è presentato nella sua attività e, secondo quanto denunciato, l’ha preso a sberle. All’inizio di dicembre, l’artigiano ha racimolato altro denaro chiedendolo a un parente per evitare altre botte, l’ha consegnato al creditore ma senza riuscire a estinguere il debito. A quel punto aveva restituito 1.700 euro, ma nel frattempo il «conta interessi» aveva fatto lievitare la cifra a 6.100 euro. Il rumeno, emerge dalle indagini, è tornato a pressare con frasi del tipo «ti rompo una mano, così non lavori più».
L’artigiano, terrorizzato, è andato dalla polizia, che non ha perso tempo. Venerdì, all’incontro fissato per la consegna di un’altra tranche di denaro (500 euro) c’erano anche gli agenti della Mobile pronti a intervenire. Il rumeno ha detto al debitore che tutto sommato, era il senso, gli stava facendo uno sconto. Se avesse conteggiato tutti gli interessi, la somma da restituire sarebbe salita a 7.100.
E se non fosse stato già chiaro che non scherzava, gli ha detto che avrebbe mandato due suoi amici a spezzargli le gambe. Invece, quando si è messo i soldi in tasca, è finito in manette per estorsione e usura. Cosa non facile: significa che la polizia ha raccolto elementi a sufficienza. Il rumeno è finito in carcere. Ieri, davanti al gip che l’ha interrogato si è avvalso della facoltà di non rispondere. Parla invece la polizia, tramite una nota: «Denunciate attività usurarie o estorsive».