I SEGNI RESTANO
Comunque vada, sarà un problema. La campagna elettorale in corso potrebbe sfociare in una delle situazioni istituzionali più complicate di sempre a livello nazionale. Fare previsioni su equilibri parlamentari e di governo oggi è un azzardo. Un po’ più facile prevedere ciò che accadrà a livello cittadino. Sia che Giorgio Gori vinca, sia che perda le Regionali, il ritorno alla normalità a Bergamo può essere escluso. Se il sindaco diventasse governatore ci sarebbe un anno di interregno con l’attuale vicesindaco Sergio Gandi al comando (e sotto esame per il futuro). In caso di sconfitta Gori probabilmente tornerà a Palazzo Frizzoni ma, al di là delle sue intenzioni per il futuro, troverà un quadro più complicato. Il mancato accordo tra Pd e LeU per le Regionali sta lasciando il segno nel centrosinistra bergamasco. Non tanto e non solo per la posizione (contraria all'accordo) dei due consiglieri vicini a Leu, Emilia Magni e Luciano Ongaro, quanto per il clima d’astio che si è creato tra amministratori, dirigenti e militanti di area Pd, da una parte, e i sostenitori di Liberi e Uguali dall’altra. La Magni, ad esempio, ha detto che nella sua valutazione su Gori ha pesato anche il livello basso — secondo lei — di partecipazione nella vicenda del parcheggio di via Fara. I social sono pieni di dialoghi poco pacifici tra esponenti del Pd e gli ex compagni di partito. È difficile immaginarli tra un anno impegnati gomito a gomito per la rielezione di Gori. E nel 2019 il centrosinistra avrà bisogno di quei voti molto più di quanto ne avesse nel 2014.