Rabarama emozioni scolpite sulla pelle nuda
«Avatar», sculture e dipinti alla Fondazione Mazzoleni
Corpi decorati con geroglifici, fasce, labirinti, simboli presi da filosofie orientali e cruciverba. Una collezione, in esclusiva, di 20 sculture bronzee e 16 dipinti su tela di Rabarama, artista nata a Roma, che vive e crea a Padova, decorerà le antiche sale a volta di Palazzo Barzizza, sede della Fondazione Mazzoleni ad Alzano Lombardo, da sabato al 7 febbraio. L’esposizione si chiama «Avatar», non per un richiamo al film di James Cameron, ma alla parola in sanscrito che significa «la discesa della divinità nella forma umana, un’incarnazione di Dio, un salvatore o redentore del mondo».
«La mia arte è un viaggio di comprensione, quasi psicoterapeutico, per avere consapevolezza della nostra esistenza, siamo formati da mente, cuore e dal corpo, ovvero un contenitore, una sorta di membrana o mantello — spiega Rabarama, all’anagrafe Paola Epifani —. E tutto ciò che ci trasforma lo portiamo sulla pelle, svela chi siamo, le sfaccettature del nostro animo, io le estrinseco».
Lo pseudonimo d’arte le calza a pennello. Raba, nella lingua indù, vuol dire segno, rama è la divinità. «Sono nata in una famiglia di artisti, volevo seguire la mia personale strada, un po’ come Savinio con il padre De Chirico», spiega. In esposizione, si vedrà un excursus sulle sue opere. Il percorso di ricerca è iniziato negli anni ‘90, il tratto distintivo è da sempre la grafia. Tra i simboli usati, all’inizio, dominano il puzzle e i nidi d’ape che richiamano il dna, le cellule, le infinite combinazioni e varietà possibili insite nell’umanità, la frantumazione. «Rappresentano la nostra unicità, ma anche l’essere parte di un universo e del suo flusso di energia, siamo irripetibili e capaci di modificare gli eventi — precisa Rabarama —. Ognuno riconosce le proprie emozioni o il vissuto, la posizione accovacciata delle mie creature può, talvolta, fare riferimento a un trauma, una tragedia, da cui si è usciti più forti».
I patchwork dipinti sull’epidermide possono essere un cruciverba, come quello di «Niyama» o le fasce di «Rigener-azione» che però hanno le fibbie e si possono aprire, a voler indicare che dobbiamo trovare il modo per mostrarci agli altri. Ci sono gli esagrammi che rappresentano i ching, simbolo dell’oracolo che dà risposte sulla via da seguire, cortecce di alberi, fili d’erba e stelle che rendono il senso della fusione con l’ambiente, tatuaggi Maori, decorazioni floreali quasi che il corpo sia il vaso per l’anima.
L’artista, nel 2011, è stata presente alla 54esima Biennale di Venezia con l’opera monumentale «Abbandono», realizzata in marmo di Carrara. I suoi lavori sono stati esposti anche a Parigi, Firenze, Cannes, Miami e Shanghai. Non solo. Le sue creazioni eccentriche hanno affascinato e ispirato anche gli artisti del Cirque du Soleil per i loro spettacoli a Las Vegas. Accanto alle opere bronzee, si potranno ammirare i dipinti. «Il processo per realizzare una scultura dura quattro mesi, la tela mi permette di fermare un momento tra forma e colore, è come se fissassi un attimo di passione tra me e l’opera stessa, trattenendone per sempre l’immagine», conclude l’artista.