Il «Va, pensiero» esorcismo contro il male
Il titolo del nuovo spettacolo di Marco Martinelli, riflessione sulla corruzione italiana, riprende il noto «Va, pensiero». Per la sua attuale connotazione partitica, potrebbe essere un problema portarlo in scena in campagna elettorale? Martinelli ride. «Penso a Verdi e all’Italia — risponde il regista, presentando la messinscena, al Creberg da giovedì a sabato alle 20.30, in replica domenica alle 15.30 —. Ci avevamo pensato, ma ci siamo detti che questo coro non appartiene ai leghisti, ma all’Italia e al nostro Risorgimento. È il canto di un popolo che vuole uscire dalla schiavitù, come nel testo verdiano ispirato al salmo biblico, in cui gli ebrei vogliono uscire dalla cattività babilonese. Il nostro Va, pensiero è un esorcismo contro il male».
Oggi quale è la Babilonia per l’Italia?
«È una corruzione e una devastante perdita di senso morale. Non si distingue più il bene dal male. È un deserto che coinvolge tutte le parti politiche. C’è bisogno di una rinascita profonda».
Come può avvenire un nuovo Risorgimento? E in che misura serve il teatro?
«Come compagnia dobbiamo continuare a tenere la schiena dritta. Fare un teatro che metta il dito sulla piaga. Ispirati a un fatto di cronaca, raccontiamo la storia di un esemplare vigile urbano che, con la passione per il giornalismo, non chiude gli occhi e mantiene integra la propria coscienza davanti a intrecci di mafia, politica e imprenditoria».
Quale drammaturgia?
«Lo spettatore entrerà in un romanzo che si svolge in scena. Sono due atti con tante
In scena anche il gruppo bergamasco Harmonici, darà voce al coro della cittadina della sindaca che ama Verdi, il fantasma di un’Italia passata
figure, dove vigile e sindaca, la Zarina (interpretata da sua moglie Ermanna Montanari,
ndr), fanno da centro antagonista. Sono i duellanti. Lei incarna il male pronto a redimersi, ma poi ricade nel vomito, che è il potere che logora anche chi ce l’ha. Il vigile Vincenzo Benedetti invece è un italiano che fa il suo dovere. È la parte migliore di noi, un esempio. Attorno, una selva di altri personaggi, con colori diversi con cui raccontare l’Italia di oggi: dalla segretaria della sindaca, che si fa maltrattare pur di avere lo stipendio, all’ufficio stampa, che sogna la fontana di Trevi ricostruita in plastica e in dimensione naturale nel piccolo paesino romagnolo».
In scena anche il coro bergamasco Gli Harmonici.
«In ogni città prendiamo una corale del luogo. Nel romanzo scenico è il coro della piccola cittadina della sindaca, che ama Verdi, presente co— me il fantasma di un’Italia passata. Oltre al coro verdiano, gli attori talvolta si spogliano del personaggio e diventano cori poetici, quale voce dell’autore e specchio della città. I cori ci ricordano da dove veniamo, compresa la speranza risorgimentale da recuperare».
La voglia di lottare per la democrazia torna anche nel suo film «Vita agli arresti di Aung San Suu Kyi», in visione domani e ispirato a un suo spettacolo portato due stagioni fa al Donizetti.
«Sì, ma purtroppo mia moglie allora non poté rappresentare la leader birmana in ogni replica, perché si ammalò, così la sostituii. Il film è una sorta di risarcimento per vedere la forza di San Suu Kyi interpretata da Ermanna. Questo lavoro e Va, Pensiero si parlano, perché alcuni temi birmani sono gli stessi dell’Italia risorgimentale di Verdi».