Gori, campagna da due milioni Lega senza soldi
E Fontana conta su uno staff di volontari
Quello alla rovescia verso il 4 marzo non è l’unico conto per chi è impegnato nella campagna elettorale. Le casse dei partiti sono vuote e bisogna essere oculati nelle spese. La campagna di Giorgio Gori ha grosse uscite tra manifesti (8.200 già affissi e altri 10.000 in arrivo), strategie sui social network e staff. L’obiettivo è raccogliere due milioni, parte dei quali stanno arrivando con donazioni, cresciute dopo il ritiro di Maroni. Con l’incognita di 500 mila euro promessi dal Pd nazionale ma ancora in attesa di conferma. I partiti del centrodestra si affidano ai contributi dei singoli candidati: chi si vorrà proporre alle Politiche dovrà pagare (i leghisti anche per le Regionali), e poi dovrà finanziare da solo la propria campagna elettorale. Con cifra che possono andare ai 5 ai 40 mila euro. I Cinquestelle fanno propaganda in Rete, ma servono comunque almeno 70 mila euro: finora ne sono stati raccolti la metà.
La campagna elettorale entra nell’era del fai da te. Per le tasche dei candidati, soprattutto. Finita l’epoca del partito-mamma che forniva la campagna elettorale chiavi in mano, chi aspira a uno scranno in Parlamento o a una poltroncina a Palazzo Lombardia, prima ancora che al programma deve mettere mano al portafogli. A partire al centrodestra.
Le casse nazionali di Forza Italia sono allo sprofondo, e il primo dovere di ogni candidato è quello di contribuire a riempirle. Chi sarà messo in lista per Camera e Senato dovrà quindi versare al partito dai 30 ai 40mila euro. Ma le spese non si fermeranno lì, visto che lo stesso candidato (in particolare quello per le Regionali) dovrà poi pagare la propria propaganda. Ognuno potrà spendere quello che potrà, tenendo presente che i consiglieri hanno per la Bergamasca un tetto di 46 mila euro per gli ultimi 30 giorni di campagna. Si calcola una spesa minima di 10 mila euro, ma con questa cifra vengono ritenute minime anche le possibilità di raggiungere l’elettore. Più concreto uno stanziamento di 20-30 mila, e di 40 mila euro per un capolista. Un esempio per tutti: Alessandro Sorte spese 18 mila euro cinque anni fa quando era un ignoto esponente delle giovanili del partito, ma ne stanzia 40 mila ora che è assessore regionale. Il partito ha pronti 15 mila euro per organizzare ai candidati due incontri pubblici in ogni collegio con relativo rinfresco, più gli eventi di apertura e di chiusura della campagna: il primo il 3 febbraio all’Auditorium di piazza Libertà a Bergamo, il secondo non ancora deciso.
Un criterio simile è stato adottato dagli alleati. La Lega i soldi li avrebbe anche ma sono stati congelati dal giudice: «In cassa abbiamo zero», riassume il segretario provinciale Daniele Belotti, che cinque anni fa aveva invece potuto gestire circa 50 mila euro. Anche qui i candidati dovranno versare l’obolo: 20 mila euro chi sarà in lista per Camera e Senato, tremila chi si proporrà per la Regione. Le somme andranno recapitate al partito centrale, che si occuperà di preparare manifesti e materiale elettorale generale e darà il suo contributo all’evento di chiusura generale in piazza Duomo a Milano. Una parte della somma verrà poi redistribuita alle province di provenienza dei candidati. I quali devono quindi regolarsi di conseguenza. «Con cinquemila euro una campagna elettorale si riesce a fare, ma all’osso: cioè organizzando incontri in luoghi non a pagamento e senza rinfresco — calcola Belotti —. Volantini e programmi servono, ma bisogna rinunciare alla spedizione per posta: quello è un bagno di sangue». Se si vuole fare qualcosa di più completo le cifre si moltiplicano: «Cinque anni fa avevo speso 36 mila euro, di cui 26 mila di tasca mia — ricorda Roberto Anelli, consigliere regionale uscente e avviato a una conferma —. Se sarò candidato quest’anno calcolo una spesa simile».
Caso a parte per i cinquestelle bergamaschi, i quali schierano un candidato alla presidenza della Regione, che deve farsi vedere in ogni angolo della Lombardia. E le cifre aumentano: «Ho calcolato che la campagna potrebbe costare al massimo 100 mila euro — spiega Dario Violi —, ma calcoliamo che riusciremo a raccoglierne 70-75 mila euro, attraverso le donazioni on line, con Pay Pal o con bonifici. Per ora siamo a 35 mila». I grillini hanno per loro natura una comunicazione basata soprattutto sulla Rete e quindi a costi limitati. Ma ci sono comunque le spese per il materiale stampato, gli stipendi a due persone che si muovono con Violi (un addetto alla comunicazione e un videomaker) e le spese vive. «Cioè gli alberghi per le duetre notti a settimana in cui dormiamo fuori — continua il candidato —, i pasti, e i chilometri, che sono tanti, visto che organizziamo cinque-sei incontri al giorno. Per fortuna i volontari ci danno una mano. Gli altri candidati si faranno propaganda quasi solo in Rete, e più di 50 o 100 euro non credo che spenderanno».