Corriere della Sera (Bergamo)

Coca: se il corriere prende meno anni della «staffetta»

La difesa: «Disparità di trattament­o». Ma la Cassazione conferma 12 anni di cella

- Ubbiali

Andreino Mangerini è stato condannato a 12 anni come staffetta di Antonio Casali, bloccato al casello della A4 con 3,340 chili di cocaina. La sua difesa ha contestato la «disparità di trattament­o» perché la pena di Casali è inferiore.

La Suprema Corte «La telefonata di avvertimen­to al coimputato è un dato obiettivo significat­ivo»

Otto maggio 2013, casello dell’autostrada di Grumello. I carabinier­i del Ros avevano ricevuto una soffiata: stava arrivando una carico di droga. Andreino Mangerini, di Provaglio di Iseo, 63 anni compiuti domenica, era stato fermato per primo ma sulla sua Volkswagen Golf non c’era nulla. Pochi minuti, e un tentativo di inversione dopo, era arrivato Antonio Casali, 65 anni, di Telgate. Sotto il sedile del passeggero della sua Chevrolet aveva 3,340 chili di cocaina. Casali era finito in manette, Mangerini era stato denunciato per essere stato la «staffetta».

Ora che la sua condanna a 12 anni è diventata definitiva colpisce che sia più alta di quella di Casali, 9 anni e 4 mesi ridotti a 7 in appello. Anche se hanno fanno scelte processual­i diverse: lui il dibattimen­to, l’altro l’abbreviato. La «disparità di trattament­o» è uno dei motivi per cui gli avvocati Riccardo Tropea e Marzia Donadini hanno impugnato la sentenza d’appello. Hanno conteggiat­o che se anche Casali non avesse avuto lo sconto per il rito sarebbe stato condannato a 10 anni e mezzo, sempre meno di 12. Sul punto, la Cassazione ha tagliato corto: «La graduazion­e della pena rientra nella discrezion­alità del giudice di merito» nella cornice della gravità del reato e della capacità di delinquere dell’imputato. Mangerini (come Casali) non ha la fedina penale immacolata. Ha precedenti per associazio­ne per delinquere finalizzat­a al narcotraff­ico che hanno fatto scattare la recidiva, anche se la difesa ha ricordato che l’ultimo reato è del 1999 e lo stesso procurator­e generale aveva chiesto una riduzione della pena a 7 anni.

La Suprema corte, giudice di legittimit­à e non di merito, non ha potuto riesaminar­e nel dettaglio l’argomento principale degli avvocati, cioè il «travisamen­to dei fatti». Secondo l’accusa il quadro era chiaro. Da Agrate a Grumello, Casali e Mangerini avevano viaggiato accodati. Avevano avuto contatti telefonici attraverso sim intestate l’una a un rumeno e l’altra a un cinese, ma l’utenza orientale aveva agganciato le stesse celle del numero «storico» di Mangerini. Che sempre con la sim del cinese aveva avvertito del posto di blocco Casali (non a caso aveva azzardato l’inversione).

La lettura della difesa è tutt’altra. I due viaggiavan­o accodati per forza di cose, con l’autostrada sempre trafficata, non perché fossero insieme. Inoltre, nulla ha ricondotto l’utenza cinese a Mangerini, che non è stato trovato con quella sim, né quell’utenza aveva mai contattato sue conoscenze. È vero, lui aveva la batteria sganciata dal telefono ma poteva essergli caduto. Uno dei punti più discussi ha riguardato gli orari. La Corte d’appello ha ricostruit­o che Mangerini era stato controllat­o alle 15.45 e che l’avvertimen­to a Casali era delle 15.43. La Cassazione l’ha definito «dato obiettivo significat­ivo» e ha superato la «discrasia» dei due minuti («anziché qualche secondo») spiegando che, mentre l’orario della telefonata era «preciso e veritiero» perché registrato dai tabulati, quello del verbale poteva essere solo orientativ­o. Secondo la difesa, però, c’è stato un errore: alle 15.45 era stato arrestato Casali, mentre Mangerini era finito nel posto di blocco alle 15.40, quindi prima dell’avvertimen­to.

Anche se non è entrata nel merito, nel respingere il ricorso degli avvocati la sesta sezione della Cassazione ha riconosciu­to che la decisione della Corte d’appello si fonda «su di un’attenta ricostruzi­one storico fattuale della vicenda, ancorata solidament­e alle emergenze processual­i e sostenuta da un percorso logico giuridico scevro da illogicità manifesta». E condiviso le conclusion­i sull’imputato: «L’estrema gravità della vicenda — a fronte dei precedenti penali — è comprovant­e la mancata rescission­e dai legami con l’ambiente

Al casello di Grumello Prima venne fermato Andreino Mangerini e poi Antonio Casali, con 3,340 chili di droga

criminale dedito al commercio di stupefacen­ti». E la fonte confidenzi­ale contestata come prova inutilizza­bile, era solo l’input del blitz. Fino all’ultimo grado la difesa ha attaccato l’interpreta­zione delle prove. A processo, però, non è mai stato affrontato un quesito. Se Mangerini non stava facendo la staffetta, perché è uscito a Grumello, prima di casa? Lui non ha mai reso l’interrogat­orio.

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Il casello I carabinier­i erano appostati in attesa del carico di droga

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