Gori, social e manifesti costano Aspettando i fondi di Renzi
L’ottimismo «Dopo il ritiro di Maroni il clima è migliorato e c’è stato un aumento dei contributi»
Obiettivo 2 milioni, ma solo se il Pd fa la sua parte. La campagna elettorale di Giorgio Gori per la Regione è affamata di denaro. «Ma quanti sono questi manifesti?», si sono chiesti in tanti nelle ultime settimane in Lombardia, soprattutto nelle città. La faccia del candidato del centrosinistra è ovunque e la risposta è che i manifesti affissi sono stati 8.200. In questi giorni partirà una seconda campagna più ampia, oltre 10.000 manifesti, alcuni dei quali su autobus e altri mezzi. Siamo nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro di costi.
Sul fronte delle uscite, quella dei poster — più o meno mega — è una delle due grandi voci. Oltre al costo dei manifesti e delle affissioni (tasse comprese), c’è quello dell’agenzia pubblicitaria che ha sviluppato la campagna con lo slogan «Fare, meglio». Si tratta della Fosbury, società milanese che in passato mai aveva lavorato su una campagna elettorale. Nel portfolio della Fosbury, anche grandi marchi come Apple, Canon, Vaillant. Ma appunto, non la politica. Ora, dopo la fase di posizionamento («i sondaggi ci dicono che ormai tutti sanno che Giorgio Gori è candidato alla Regione», dice lo staff), si tratta di mandare messaggi che contengano proposte politiche. Nei prossimi giorni, appunto, partirà la fase due e i nuovi manifesti riporteranno anche slogan sui temi principali, dal lavoro all’ambiente.
La seconda importante voce di spesa per la campagna di Gori è la comunicazione sui social. L’ingaggio di Francesco Facchinetti, che da showman si è reinventato esperto di contenuti di Facebook, Twitter e Instagram, comporta anche uno staff di 11 persone al lavoro in modo permanente. Si tratta di un gruppo molto giovane che monitora costantemente gli umori della rete rispetto alla campagna elettorale e si occupa di diffondere i contenuti social nel modo più capillare possibile.
Vanno poi aggiunti i costi dello staff di Gori, in particolare dell’ufficio stampa. Come si paga tutto questo? Con la raccolta fondi, principalmente. «Stiamo andando bene, secondo le previsioni», dice Maurizio Carrara, responsabile del fundraising (nonché presidente del Pio Albergo Trivulzio e della Fondazione Unicredit), dove «andando bene» significa che il target più realistico in questo momento è quello del milione e mezzo, compresa la quota che il candidato potrà metterci di tasca sua. In effetti, il fatto che Gori abbia notoriamente una certa disponibilità economica, conta poco. Il limite di legge per le donazioni a partiti e movimenti politici vale anche per lui: massimo 100 mila euro all’anno. «Un po’ assurde queste regole — dice Carrara —, non tanto per Gori, quanto per alcune persone che avrebbero voluto contribuire in modo più sostanzioso e non hanno potuto farlo». In ogni caso, stanno arrivando molte piccole donazioni on line, a partire da qualche decina di euro, e i fondi affluiscono anche da eventi, soprattutto aperitivi. «Con quelli si può arrivare a raccogliere 5 mila, 8 mila euro — spiega Carrara —. Di sicuro dopo il ritiro di Maroni l’ottimismo è cresciuto e l’abbiamo visto dall’aumento dei contributi». Il prossimo passo dovrebbe essere l’attivazione di un numero telefonico per le donazioni via sms — come è accaduto, ad esempio, dopo i terremoti degli ultimi anni —, con qualche difficoltà tecnica da superare nel rapporto con le compagnie telefoniche.
Resta un’incognita: 500 mila euro che dovrebbero arrivare da Roma, promessi da Matteo Renzi ma ancora da confermare, visti i problemi di bilancio del Pd. Con quelli, le migliaia di facce di Gori sui manifesti elettorali si moltiplicherebbero nella volata finale per il 4 marzo.