Don Leo, il finto prete L’indagine in Vaticano della suora ingannata
Suor Angela, 63 anni, aveva confidato in don Leo Scanderberg per incontrare il Papa. Le aveva detto di essere ben inserito in Vaticano, ma la visita veniva sempre rinviata con una scusa. Si era insospettita e informandosi alla gendarmeria ha scoperto che don Leo Scanderberg non esiste. Ha ragione, si chiama Pantaleo Castriota e prete non è.
È uno dei retroscena del processo al pugliese di 41 anni, con base a Napoli, che secondo l’accusa spillava soldi a persone fragili. Il suo processo sarà a Venezia, ha deciso il giudice Stefano Storto, al tribunale che si occupa di reati commessi nei confronti dei magistrati perché tra le parti offese c’è l’ex procuratore di Bergamo Francesco Dettori. Castriota, tra l’altro, è accusato di aver fornito la mail (finta) e il numero di cellulare di Dettori illudendo Alessandro Olimpo che la Procura avrebbe riaperto il caso all’omicidio-suicidio della figlia e della nipotina. In cambio di 15.000 euro, sono sempre le contestazioni, anche se Castriota, arrestato e poi messo ai domiciliari, aveva reso parziali ammissioni negando però di chiedere denaro. Alla suora no, non ne aveva chiesti, lo dice lei stessa agli inquirenti. Le aveva chiesto di mandare la sua carta d’identità a don Matteo (che in realtà è un ragazzo di Lallio), per organizzare la visita. Forse, era solo un modo per essere credibile.
Suor Angela aveva incontrato don Leo per un caffè vicino alla Basilica vaticana. Le aveva citato un sacerdote che esiste davvero alla Congregazione per il clero. Si era fidata, all’inizio. Ma si era messa presto in moto con le verifiche. Su Internet aveva visto che lui si vantava di essere il presidente dell’associazione Cenacoli di Maria e che aveva fatto arrivare la Madonna di Fatima in Vaticano. Per essere credibile, dice lei, distribuiva l’immagine con il Papa che la benediva.