Corriere della Sera (Bergamo)

I tre amici morti in A4 L’allenatore di sci condannato a tre anni

Niente condiziona­le, l’accusa: velocità non adeguata

- Armando Di Landro

Non aveva adeguato la velocità del furgone alla situazione che si era creata sull’A4, in direzione Venezia, con una lunga coda causata da un altro incidente. Questa la principale accusa del pubblico ministero Fabio Pelosi nei confronti di Enrico Vicenzi, 42 anni, di Peio, in Trentino, allenatore della squadra C di sci della Federazion­e italiana sport invernali. A 130 all’ora, nella notte tra il 28 e il 29 gennaio del 2016, si era schiantato con un Volkswagen Caravelle contro la Suzuki Swift blu con a bordo tre giovani veneti, morti sul colpo: Alberto Casagrande, 23 anni, di Mareno (Treviso), il coetaneo Antonio Ago, di Conegliano Veneto, e la sorella Daniela Ago, 22 anni. Rientravan­o da un concerto a Milano.

Una tragedia che ha portato alla sentenza di ieri del giudice Vito Di Vita, con rito abbreviato: 3 anni di reclusione senza pena sospesa, per omicidio colposo (i fatti sono antecedent­i alla modifica del codice con l’omicidio stradale). Se il verdetto dovesse diventare definitivo Vicenzi dovrebbe scontare i tre anni, potendo chiedere, però, l’affidament­o ai servizi sociali, o gli arresti domiciliar­i. Ma la sentenza fa comunque alzare il grido di

Lo scontro Test sull’alcol verbalizza­to solo 4 ore dopo. I parenti delle vittime indignati

indignazio­ne, dal Veneto, dei parenti delle vittime. Perché il dolore è ancora grande e perché le famiglie hanno sempre messo in evidenza che quella notte, in ospedale, Vicenzi era stato sottoposto agli esami del sangue solo 4 ore dopo l’incidente e il suo tasso alcolemico era di 0,45 grammi per litro, di un soffio sotto il limite. «Che esito ci sarebbe stato se il pronto soccorso non avesse aspettato tutto quel tempo?», si sono sempre chiesti i parenti. «In realtà — dichiara l’avvocato dell’allenatore, Enrico Giarda di Milano — l’esito degli esami fu verbalizza­to 4 ore dopo dalla polizia stradale, ma il prelievo risale verosimilm­ente a 3 ore dopo. Quindi è difficile che ci fosse tutta questa differenza».

Un testimone ucraino, che sul luogo dell’incidente aveva perso la targa della sua auto, rintraccia­to in Svizzera grazie a una rogatoria, ha spiegato che il furgone guidato da Vicenzi era arrivato a tutta velocità contro la Suzuki in coda, che aveva le 4 frecce azionate. Ma perché? Il punto di tutto il caso sta qui. «La consulenza chiesta dallo stesso pm — dice ancora l’avvocato Giarda — ha messo in evidenza qualche omissione anche dal personale tecnico di Autostrade per l’Italia che doveva segnalare con largo anticipo la coda». Ma secondo il pm in un lungo tratto prima delle auto in colonna c’erano anche i segnalator­i luminosi, di cui probabilme­nte l’allenatore di sci non si è accorto. Nonostante non fosse distratto nemmeno dal telefonino: lo smartphone è stato sequestrat­o ma gli accertamen­ti tecnici, voluti dal pm, hanno dimostrato che l’imputato non l’aveva utilizzato nei minuti precedenti lo schianto. Una tragica distrazion­e, in parte inspiegata, ha quindi provocato la tragedia.

Durante le indagini Vicenzi aveva chiesto di poter patteggiar­e due anni. Il pm aveva respinto la proposta: già sei volte, tra il 2006 e il 2015, l’allenatore di sci era stato multato per eccesso di velocità. Ora la difesa prepara il ricorso in appello.

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Lo schianto Il furgone bianco della Fisi e la Suzuki blu distrutta

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