Hashish, l’arrestato racconta al giudice la violenza in Nigeria
Non si ricorda la sua data di nascita: «I miei amici dicono che sono dell’84». A stento riesce a scrivere il suo nome quando la giudice Bianca Maria Bianchi glielo domanda, al processo per direttissima. In tribunale Success Aleburu dopo l’arresto di lunedì in via San Giorgio: i carabinieri gli hanno trovato 72 grammi di hashish negli slip. Lui è nigeriano, vive tra la stazione e il Patronato San Vincenzo da circa due anni. In Italia è arrivato nel giugno del 2015: lo provano le impronte digitali. L’avvocato difensore Paride Berselli si è appellato al permesso di soggiorno in regola per motivi umanitari, rilasciato dalla questura. Success, in aula, con l’aiuto dell’interprete, ha raccontato il suo dramma per via della curiosità del giudice, per la mano destra paralizzata: «Mio padre era un “business man” e dei rapitori ci hanno portato in una foresta per il riscatto. Hanno ammazzato lui con un colpo alla testa e io sono riuscito a fuggire, avevo 8 anni. Nella fuga mi hanno sparato alla mano destra, ora paralizzata. Sono scappato in Libia, dove sono rimasto fino alla guerra civile. Poi da Tripoli sono andato nel deserto del Sahara e sono partito con un barcone di legno – dice toccando il tavolo dell’aula, per indicare il materiale —. La droga è per me, la fumo per alleviare i dolori alla mano e l’ho pagata 50 euro perché è di bassa qualità». Il giudice ha convalidato l’arresto e l’ha rimesso in libertà. Processo rinviato al 20 febbraio.
La giustificazione Mano destra paralizzata. «Io fumo per calmare il dolore»