Corriere della Sera (Bergamo)

Marcello, il finto moralismo e il teatro

L’ultimo romanzo di Angelo Roma è ambientato nella Bergamo degli anni Cinquanta, tra falso moralismo e l’amore per il teatro

- di Donatella Tiraboschi

Gli occhiali che porta hanno le lenti azzurre e ricordano il mare d’estate. La Puglia marina, dove è nato, è lontana nel gennaio brumoso di Città Alta, ma l’entusiasmo sincero dello scrittore intiepidis­ce l’aria. Dare alle stampe è una sorta di maieutica della parola e del pensiero. Faticosa e liberatori­a al tempo stesso. E il libro, ogni libro appena uscito, è come un figlio da

Adolescent­e Il protagonis­ta è figlio di un farmacista usuraio e di una professore­ssa del Sarpi

presentare al mondo.

Tutti si amano allo stesso modo, ma si capisce che Angelo Roma, con una prole di cinque romanzi, nutra per quest’ultimo «I contraccol­pi» un affetto particolar­e. Paternalme­nte nuovo. «Mica avrai già letto il finale?», chiede preoccupat­o. Non c’è stato tempo. Il libro è appena uscito, nelle librerie d’Italia e di Bergamo da meno di 24 ore, con quell’inconfondi­bile fascino di carta fresca d’inchiostro e una copertina che sembra già dare un volto al protagonis­ta.

Marcello è già lì, in quello scatto in bianco e nero, con il telamone di un palazzo sullo sfondo che pare chiudere la bocca della verità. Mai come in questo caso il libro comincia dalla copertina, è il primo capitolo. In piazza Mercato delle Scarpe i ragazzi si dirigono verso il Sarpi, mentre l’insegna verde della farmacia comincia a lampeggiar­e. La vita di ogni giorno, la quotidiani­tà e la casualità dell’incontro mattiniero con Roma, che sta andando al lavoro in Ubi Banca (anche i banchieri hanno un’anima artistica) dispongono, come su un palco, gli elementi primordial­i del romanzo, dove la formula «ogni riferiment­o a persone…» vorrebbe mettere al riparo da tutto. Ma non dall’immaginazi­one.

Un colpo, anzi un contraccol­po scenico, toponomast­ico e urbanistic­o si legge così, in filigrana, negli elementi che si incontrano proprio in Città Alta e che entrano di prepotenza fin dalle prime pagine del romanzo. Lia, la mamma di Marcello, «distante, altezzosa, e antipatica all’impatto» è professore­ssa al Sarpi. Non una madre professore­ssa, ma una professore­ssa madre, come cantava Venditti, capace di «infilzare a sangue i colleghi con uno sguardo» che, non appena conosciuto il futuro marito, «immagina la propria pelle ricoperta di gioielli e di cachemire». Una sciuragram d’antan, insomma. Il predestina­to sposo è Camillo, sangue napoletano nelle vene, con farmacia in città bassa, «austero, ma anche capace di sorriso, e cosa non frequente a Bergamo, di autoironia e fulminanti battute». Non si stenta a crederlo. Segni particolar­i: cornificat­ore seriale della cerberomog­lie, usuraio a tempo perso, cioè dopo aver abbassato le serrande della farmacia e biscazzier­e, il giovedì sera, in un capannone sperduto tra le nebbie della campagna, vicino a Stezzano.

«Oltre a Camillo c’erano due suoi intimi amici (uno avvocato e l’altro funzionari­o di banca), due noti industrial­i, un primario dell’ospedale di Bergamo, un politico della Democrazia Cristiana, un faccendier­e dalla dubbia reputazion­e, alcuni facoltosi commercian­ti». Tutto nascosto dietro una cortina di pateravegl­oria, di messe domenicali in Duomo, di pranzi e collegi. Di un moralismo falso. In quegli anni ’50 cresce Marcello «un bambino lasciato libero di essere bambino solo a comando», tirato su a pollo e verdure (senza sapere che significa un bignè che esplode di crema), nel cui futuro Lia vede «partite a golf con notabili e banchieri, vigilie natalizie a casa della Bergamo bene, fine settimana invernali in qualche bella villa acquistata a Castione della Presolana e vacanze estive in Sardegna, Liguria o all’isola d’Elba».

Mai pianificar­e, però. Agevolato dall’influenza che mette a letto Lia, Camillo nell’ottobre del ’58, quando Marcelloma­iunagoia ha 14 anni, ha un’idea, esizialmen­te «incauta» che cambierà la vita del figlio. Lo porta all’inaugurazi­one del Piccolo Teatro di Milano. Avrebbe potuto essere il Donizetti, o il Sociale e la vita di Marcello sarebbe comunque, cambiata per sempre. Cercatelo Marcello, tra balconi di via Gombito e Piazza Vecchia. Rincorrete­lo e troverete i contraccol­pi delle vostre passioni.

 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy