Leonardo, mito nazionale Questione di razza L’artista fu utilizzato per millantare un primato scientifico dal XVI secolo fino a Marconi
Al Museo della Scienza una mostra racconta l’uso del genio da Vinci come strumento di propaganda dell’eccellenza italica in epoca fascista
Le grandi mostre, e le folle che accorrono per ammirare i capolavori dell’arte, sono tutt’altro che un fenomeno della post modernità e del consumo di massa. Hanno alle spalle una storia che, come ha raccontato Francis Haskell nel suo celebre «The ephemeral Museum», pubblicato nel 2000 e tradotto in Italia da Skira, dal XIX secolo ad oggi ha assunto diverse sfumature, comprese quelle nazionalististiche ad uso dei regimi.
Al Museo della Scienza e della Tecnologia un convegno per tutta la giornata di oggi e una mostra documentaria fino al 6 maggio ci aprono una prospettiva storica sul fenomeno raccontando attraverso fotografie, disegni, documenti e oggetti provenienti dall’archivio e dalla biblioteca del museo, la grande mostra milanese del 1939 su Leonardo, decisiva per la creazione del mito del genio italico.
«La mitografia di Leonardo artista nasce già con Vasari e si consolida nell’Ottocento. Mentre la conoscenza di Leonardo ingegnere nasce con la pubblicazione a Parigi dei primi manoscritti in facsimile dei disegni tecnici alla fine del XIX secolo», spiega il curatore della mostra Claudio Giorgione. «Inizialmente è un interesse accademico, poi il regime fascista lo utilizza come supporto alla propaganda autarchica per dimostrare come, dal Rinascimento a Guglielmo Marconi, l’Italia era destinata a svettare sugli altri popoli. Leonardo diventa l’icona del genio nazionale, il capostipite di una tradizione di eccellenza in cui all’Italia vengono reclamati primati in tutti i campi, anche scientifici: una strategia che voleva supportare le tecnologie contemporanee».
Organizzata in dieci vetrine, la mostra racconta le tappe della costruzione di questo mito a cominciare dal 1881, anno della pubblicazione dei manoscritti di Leonardo. Nacque così l’idea di costruire dei modelli tratti dai suoi disegni tecnici e i primi furono presentati alla mostra del 1929 al Museo di storia della scienza di Firenze. Ma la loro grande diffusione avviene con l’esposizione del ’39 al Palazzo dell’Arte di Milano quando vengono realizzati quasi 200 ricostruzioni di prototipi, molti dei quali addirittura azionati da motori elettrici. Quell’evento fu all’origine anche della nascita del museo milanese della Scienza e Tecnologia in occasione delle celebrazioni leonardiane del 1952. Il contesto politico del dopoguerra era cambiato completamente, ma sopravviveva la celebrazione del genio separato dal suo contesto storico, che questa volta serviva da traino ideologico alla rinascita del Paese. «Oggi questa concezione deve essere superata», spiega Giorgione. «Dobbiamo ripensare il suo lavoro all’interno del contesto culturale della sua epoca, senza mitizzazioni».
Il convegno di oggi e la mostra rappresentano dunque le prime tappe di un percorso che porterà il museo nel 2019, anno delle celebrazioni leonardesche, al rinnovamento totale della Galleria Leonardo.