«Lei mi faceva paura, così ho portato la pistola» Il manovale resta in cella
Le ha sparato alla nuca, a distanza ravvicinata. Quasi un’esecuzione, dopo che avevano passato la notte insieme e la sveglia era appena suonata. Ieri mattina Fabrizio Vitali, 61 anni, manovale disoccupato di Bottanuco, quasi sempre tra le lacrime, ha provato a spiegare al giudice Marina Cavalleri che cosa lo ha spinto a uccidere la prostituta nigeriana 37enne che da tempo frequentava tutte le settimane.
Paura che gli succedesse qualcosa, che lo denunciasse, ha dichiarato. «Sofia alzava la voce e una volta ha detto che avrebbe chiamato il suo avvocato», ha riferito Vitali. Ma nulla di più, a parte il fatto che non aveva più soldi per soddisfarla. L’uomo non aveva ricevuto minacce né da parte di lei né dei connazionali con i quali condivideva l’appartamento a Dalmine, dove ogni tanto la raggiungeva. E non sono emerse situazioni di pericolo. Piuttosto, è nella sua mente che qualcosa doveva essere scattato, da mesi, sono convinti gli inquirenti. Secondo gli accertamenti dei carabinieri della compagnia di Treviglio, coordinati dal pm Letizia Ruggeri, Vitali aveva ottenuto il porto d’armi sei mesi fa, frequentando un corso e superando le visite, lui che da un occhio pare non veda (aspetto che sarà approfondito). Poi, nonostante i problemi economici, si era comprato una Glock 9X21 in un negozio in centro a Bergamo. «Non volevo, non volevo», ha urlato disperato davanti al giudice. Proprio rispetto alla pistola che si era infilato nel giubbotto, venerdì sera, prima dell’appuntamento richiesto da lui all’hotel Daina, ha ammesso però che sapeva che l’avrebbe usata. Resta in cella con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione. Massimo riserbo dal suo difensore Omar Hegazi. Ancora nessuna traccia, invece, dei familiari della vittima. (mad.ber.)