Corriere della Sera (Bergamo)

«Le ho urlato: corri al riparo Poi più niente»

Alessandra Pirri viveva a Capralba: quando ha capito ciò che stava accadendo ha telefonato ai genitori

- di Fabio Paravisi

Davanti alla villetta c’è un angelo piangente, una scultura che si copre il viso con un gesto disperato, come se avesse saputo che su quella casa sarebbe piombata una tragedia. Pioggia e cielo basso su Capralba, il paesino cremasco in cui viveva Alessandra Pirri.

Mi ha detto: ho paura, il treno è uscito dai binari. Ho risposto: mettiti al riparo, poi più niente Laura Trio Madre L’angoscia La coppia è rimasta ore sul luogo del disastro prima di avere la notizia della morte Vogliamo avere verità e giustizia, non è possibile morire andando al lavoro in treno Antonino Pirri Padre

La donna, 38 anni, lavorava come impiegata in un’agenzia di recupero crediti di Sesto San Giovanni, ed è morta nel disastro che ha coinvolto quel treno che prendeva tutti i gironi da quindici anni. Negli ultimi istanti di vita il suo ultimo pensiero è stato per i genitori, ai quali è riuscita a telefonare: «L’ho sentita morire, è stata una cosa terribile», mormora sua madre Laura Trio.

Lei e il marito Antonino sono appena tornati dal luogo del disastro. All’interno della villetta a schiera alla periferia del paese, la figlia minore Jessica passa l’aspirapolv­ere e sbatte i tappeti: «Si è messa a fare le pulizie all’improvviso — spiega la madre —. La capisco, anche io farei qualsiasi cosa per togliermi dalla mencapito

Impiegata

Alessandra Pirri aveva 38 anni e lavorava in un’agenzia di recupero crediti a Sesto San Giovanni. Era nata a Segrete e dopo avere vissuto a Cernusco, nel 2003 si era trasferita con i genitori e la sorella a Capralba (Cremona) te questo dolore». L’incubo è iniziato con una telefonata: «Il cellulare ha suonato poco prima delle sette — racconta la donna —. Era Alessandra, aveva la voce terrorizza­ta, mi ha detto, “Mamma, ho paura, il treno è uscito dai binari”. Le ho detto: “Scappa, mettiti al riparo”. Poi più niente. Io e mio marito ci siamo subito messi in macchina».

Per la coppia di pensionati sono stati ore di angoscia: «Siamo stati lì, continuava­mo a telefonarl­e: niente. Vedevamo passare file di barelle ma lei non c’era. Una sua amica che era con lei sul vagone ci ha visto ed è venuta a chiederci che fine avesse fatto». Finché alle 9.30 è arrivata la notizie che non avrebbero mai voluto sentire: «Ci hanno fatto fare il riconoscim­ento ma la testa era schiacciat­a, abbiamo dai vestiti che era lei». La donna apre sul cellulare il profilo WhatsApp della figlia e accarezza con lo sguardo la foto: «Era una ragazza d’oro, io e lei vivevamo in simbiosi. Non usciva mai, pensava solo alla casa ed era sempre con me. Non ha mai avuto un fidanzato, appena tornava dal lavoro apriva i suoi libri e si metteva a leggere». Antonino Pirri guarda la fila di villette in cui vive: «Noi siamo di Segrate, abbiamo vissuto a lungo a Cernusco ma poi non ce l’abbiamo più fatta, quelle zone sono un disastro. Nel 2003 abbiamo cercato una zona più tranquilla, qui c’era anche la stazione e si poteva prendere il treno per Milano». Scuote la testa. Il dolore è ancora più forte della rabbia, che però comincia ad affiorare: «I sindaci di Bergamo e Milano sono venuti a farci le condoglian­ze, ma io adesso voglio sapere cos’è successo, voglio sapere come è possibile che si possa morire prendendo il treno per andare al lavoro. Voglio la verità e voglio giustizia». La sofferenza è insopporta­bile, soprattutt­o per Laura Trio: «L’unica cosa che riesco a pensare è che quando entrerò in casa non sentirò più la sua voce. E adesso basta, perché più ne parlo e più il cuore mi diventa pesante».

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