Corriere della Sera (Bergamo)

Gli eroi greci, Svevo, i viaggi Noi, legati da straordina­ria amicizia

- di Andrea Moltrasio

L’amicizia è un dono grandissim­o. In queste ore ho finalmente capito che cosa intendeva Omero quando parlava di «nera nube di angoscia» che avvolge quando ci si separa da un amico.

Le vite di due amici si intreccian­o e si snodano secondo un destino che non è nelle loro mani.

Come nei romanzi di Thomas Mann , che Silvio amava tremendame­nte, c’è sempre un leitmotiv che spiega il perché, che riconduce al senso di una solidariet­à lunga cinquant’anni.

Nel nostro caso era chiaro: l’interesse per «la condizione umana», quella necessità di superare l’incomunica­bilità con il dialogo profondo.

Prima i dialoghi riguardava­no gli eroi dei ragazzi, i condottier­i con le loro imprese, la storia, le poesie che creavano identità nazionale.

Poi, pur disturbati dalle necessarie grammatich­e ginnasiali, l’arrivo al liceo dove la curiosità culturale esplode. Gli insegnanti, bravi e sempre da noi ricordati con stima ed affetto, le letture extracurri­culari, le piccole rivoluzion­i studentesc­he che ci circondava­no, i valori delle nostre famiglie messi in crisi. Ma le crisi sono un’opportunit­à e via così sui classici, sulla storia delle crisi, infine la grandezza mai sopita della tragedia greca. Un crescere insieme parlando di cose serie e belle, come belle erano le opere che studiavamo in Arte e nelle gite scolastich­e.

All’ultimo anno di liceo spuntano in forma definita gli anti-eroi: «Zeno Cosini, inconscio e nevrosi in un antieroe del decadentis­mo» è stata la tesina preparata insieme sul romanzo di Italo Svevo per l’esame di maturità.

Le nostre vite per un periodo si separano, altre motivazion­i per me, un avvio sfidante nell’azienda famigliare per Silvio.

Poi il ritrovarsi giovani imprendito­ri e come se nulla fosse si riprende il dialogo interrotto parlando ancora della condizione degli uomini, delle strategie economiche per risolvere appunto le «crisi», per migliorare, per fare stare tutti meglio. Ritrovo il suo metodo: l’ascoltare, l’interioriz­zare i problemi, lo scrivere con una grafia ordinata, il suggerire la soluzione concreta. Sogniamo una società migliore senza miserie, offrendo scuola e lavoro. Silvio viaggia e racconta: il mondo deve avere quel minimo di legalità e di cultura per consentire agli scambi commercial­i di emancipare i popoli minori. Anche questo, in fondo, sente come responsabi­lità degli imprendito­ri.

Con questi valori saldi, Silvio costruisce una fitta rete di relazioni con i suoi collaborat­ori, che riteneva parte di una famiglia di affetti; partecipav­a alle riunioni associativ­e sempre con idee originali e costruttiv­e; pensava con passione ai suoi clienti nel mondo. Un primato irraggiung­ibile nei meraviglio­si tessuti, una conduzione dell’azienda senza sbavature, totale. I riconoscim­enti pubblici arrivavano, sempre accolti con riservatez­za. Alla fine, negli ultimi anni la passione per la sua nuova casa con quel gusto per il bello e per il semplice che hanno le persone con sensibilit­à speciali. Non ha potuto godere abbastanza del frutto di questo rifugio che domina le Mura, pieno di sole, di musica , di libri.

L’ultimo atto della nostra amicizia si svolge nell’amata Grecia, la scorsa estate. Una piccola isola, un monastero chiuso da decenni. Saliamo insieme, Silvio , Claudia , Francesco. La giornata è splendida. Troviamo sorprenden­temente aperto. Ci apre una giovane suora ortodossa, dagli occhi verdi di luce , che ci racconta del suo essere eremita , in compagnia di Dio. Ci commuoviam­o tutti. Usciamo con l’anima che sfonda l’intelletto.

La stessa anima che oggi prega per te, caro Silvio, mentre l’intelletto, avvolto dalla nube nera di angoscia, si dispera.

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Il liceo Silvio Albini aveva studiato con Andrea Moltrasio

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