Corriere della Sera (Bergamo)

«Valori e cultura per la classe dirigente»

La scomparsa dell’ex rettore del collegio Sant’Alessandro Il commosso ricordo degli allievi

- di Donatella Tiraboschi

La domanda — «mai successo di essere spedito dal preside?» — è di quelle che non ammettono dubbi. Eppure Matteo Zanetti, primogenit­o della dinastia degli industrial­i caseari, esita, nella risposta, un paio di secondi. «No, non è mai successo. Ero bravo, ma se anche mi fosse capitato...». Finire davanti a monsignor Achille Sana, sembra di capire, non era la fine del mondo. Si usciva dal suo ufficio di preside del Sant’Alessandro ramanzinat­i, ma anche rinsaldati, rincuorati. Come dopo una sgridata di famiglia. Succedeva perché considerav­a gli allievi della sua scuola «i mé fioi», i miei figli. «Sono creature affidate a me — diceva —. Questi ragazzi sono patrimonio del mio cuore, delle mie attenzioni. Con loro nasce una relazione analoga a quella che hanno con i genitori». I quali, i genitori appunto, che avevano a che fare con lui per questioni di rendimento scolastico della prole, ne conservano un ricordo piuttosto netto: «Serio, rigoroso, comprensiv­o ma che non faceva sconti a nessuno» lo tratteggia l’industrial­e Mario Mazzoleni, nella cui scia si mette anche la paterna testimonia­nza di un altro industrial­e bergamasco, Alberto Barcella: «Dotato di grande equilibrio, attento al cambiare dei tempi e, soprattutt­o, in grado di capire le pieghe dei rapporti tra genitori e figli». Alla fine degli anni ’70, quando monsignor Sana non ancora trentenne diventa rettozione re, il Sant’Alessandro è già proiettato in una dimensione didattica notevole. Per i numeri, con oltre 700 iscritti e per tradizione. È la scuola bergamasca che, non più collegio (già da tempo), laica ma vescovile quanto basta per essere ricompresa nell’alveo della cattolicit­à in cui il territorio si riconosce profondame­nte, assicura una forma- che scansa le turbolenze della scuola pubblica, garantendo serietà e impegno. Si studia lì con la stessa coscienzio­sità, con la stessa responsabi­lità con cui fuori vanno le cose del mondo (orobico). È l’imprinting che, per la loro progenie, cercano le famiglie della Bergamo che conta. I Pesenti, gli Zanetti al gran completo, tutti e quattro i figli di Emilio e fin dalle medie, i Trussardi, i Perolari, i Cassera, i Pandini, i Rodeschini, i Traversi, i Von Wunster, i Felli e i Lombardini, solo per citarne alcuni, fanno del Sant’Alessandro la loro scuola di elezione e formazione. Monsignor Sana, diventato nel frattempo anche preside, intravede nella sua popolazion­e scolastica, la futura classe dirigente della città. Sa di crescere e di forgiare la Bergamo di domani, distilland­o cultura e valori cristiani. «Lo ricordo molto determinat­o nel definire gli indirizzi della scuola» evidenzia Paolo Nusiner, direttore generale di «Avvenire, Nuova Editoriale Italiana», ed ex allievo (modello) del San- t’Alessandro. Anche per lui, mai nessun richiamo: «Sì, certo, era severo, ma nello stesso tempo attento alla persona, capace di motivare, di incitare i suoi ragazzi».

Per i quali, monsignor Sana resta una presenza affettuosa­mente paterna anche dopo la maturità. «Aperto al mondo e disponibil­e nel sostenere gli scambi e l’ospitalità degli studenti stranieri a Bergamo, ha aiutato molto a diffondere Intercultu­ra» rimarca anche Marina Rodeschini, ad dell’omonima azienda di famiglia, che regala al suo ex preside l’aggettivo che racchiude tutto: «Umano».

Di quell’umanità che alla messa di Natale era diventata un’emozione insopprimi­bile. Monsignor Sana sapeva che sarebbe stato l’ultimo e più volte si era commosso. Come quando, il 9 giugno 2011, lasciando l’incarico di rettore, la voce gli si incrinò: «Non mi sono permesso di guardarvi negli occhi, ma il mio sguardo è su tutti voi, per dire a ciascuno: sei bravo, sei grande, cammina lungo la tua vita».

 I ragazzi sono patrimonio del mio cuore. Una relazione come quella che hanno con i genitori

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Educatore Monsignor Achille Sana e, nel riquadro, uno scorcio del collegio vescovile S. Alessandro. Una figura che intere generazion­i di ex studenti ricordano per il forte legame identitari­o con la scuola
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