Il diamante scomparso e il giallo della querela
Denunciato da un venditore che poi diserta il processo
Era stato lui a chiamare i carabinieri dopo essere uscito dall’auto in cui due presunti truffatori l’avevano chiuso a chiave dall’esterno. Ma dopo aver denunciato il colpo, il gioielliere Simon Nicolai Baloo non si è mai presentato a processo. Il presunto artefice della truffa, con cui sparirono un Rolex e un diamante da 600 mila euro, è Drago Dragutinovic, ribattezzato il «re delle truffe».
Era stato lui a chiamare immediatamente i carabinieri, dopo essere uscito, a fatica, dall’auto in cui due presunti truffatori l’avevano chiuso a chiave dall’esterno. Ma dopo aver denunciato il colpo subìto, il gioielliere di casa a Lugano Simon Nicolai Baloo, originario di Trinidad e Tobago, non si è mai presentato a processo. Nemmeno ieri, dopo aver ricevuto un avviso del tribunale in cui lo si informava che la sua assenza in aula avrebbe fatto scattare una remissione di querela in favore dell’imputato, un personaggio ben noto a polizia, carabinieri, procura di Bergamo e non solo: il presunto artefice della truffa, con cui sparirono un Rolex e un diamante da 600 mila euro, è Drago Dragutinovic, 39 anni, di etnia rom, domiciliato a Trezzo e già sorvegliato speciale in un’abitazione di Boltiere, ribattezzato il «re delle truffe» dagli inquirenti che l’hanno tenuto d’occhio in più casi.
Ma non tutto quadra, sul caso del gioielliere svizzero. Simon Nicolai Baloo aveva messo in vendita, via Internet, un diamante da 600 mila euro, questo il valore stimato da lui stesso. I fatti sono stati poi ricostruiti nella sua querela: l’11 settembre 2015 era arrivato a Capriate, insieme al suo autista, per l’appuntamento con un potenziale acquirente. Incontro in ufficio? In casa? No, in auto: il gioielliere e l’autista erano stati invitati a sedersi sul sedile posteriore di una Passat, davanti alla filiale bancaria da cui sarebbero dovuti arrivare i soldi per l’affare. Al posto del conducente c’era l’acquirente, che aveva manifestato il suo interesse via internet, su quello del passeggero un suo complice. L’uomo alla guida aveva ottenuto di poter osservare il diamante da vicino, tenendolo tra le mani, e proprio in quegli istanti aveva chiesto all’autista svizzero di poter vedere anche il suo Rolex Daytona: appena entrato in possesso di entrambi i preziosi il conducente aveva abbandonato l’auto, rapidamente, insieme al complice, e l’aveva chiusa dall’esterno. Lo svizzero e l’autista erano usciti aprendo dall’interno il bagagliaio posteriore e avevano subito chiamato i carabinieri.
Quindi, in caserma, erano subito scattati i tentativi di riconoscimento. E di fronte ai militari il gioielliere aveva indicato la foto di Dragutinovic, sostenendo che fosse l’uomo alla guida della Passat. Nessun riconoscimento, invece, per il suo complice, mentre l’auto della truffa era risultata intestata a un prestanome di Voghera. Dopo la querela, le indagini e il rinvio a giudizio di Dragutinovic, basato su quel riconoscimento, il gioielliere però non si è mai presentato in tribunale. Scomparso nel nulla. Un’assenza che equivale a un ritiro della querela contro Dragutinovic. Ma il processo per truffa va avanti, grazie all’autista svizzero: dopo l’11 settembre del 2015, quindi dopo la prima querela, era tornato in Italia e aveva confermato il riconoscimento per quanto lo riguardava. Era il «re delle truffe», secondo lui, ad avergli sottratto il Rolex. Ma il giudice Anna Ponsero vuole capire di più: ieri ha disposto l’acquisizione dei filmati di videosorveglianza fuori dal ristorante «Il Vigneto», di Capriate, dove venditori e acquirenti si erano già incontrati pochi giorni prima della truffa.
Il colpo Lo scambio in auto, per un valore di 600 mila euro. Ed era sparito anche un Rolex