Corriere della Sera (Bergamo)

Maria Paiato Madonna profana

Uno «Stabat Mater» nelle periferie torinesi

- Livia Grossi

«Maria Croce è una ragazza-madre prostituta, una Madonna di periferia, vera combattent­e di ieri e di oggi» così l’attrice Maria Paiato descrive l’essenza di «Stabat Mater», oratorio per voce sola di Antonio Tarantino e diretto da Giuseppe Marini al Teatro Studio. Su una pedana circolare a metà fra un utero e una pista circense, la storia di verità e dolore della madre di un povero cristo di oggi, versione contempora­nea dello «Stabat Mater» di Jacopone da Todi sulle sofferenze di Maria durante la crocefissi­one di Gesù. «Nello spettacolo la protagonis­ta è un’immigrata dal meridione con un’energia travolgent­e», dice Maria Paiato, «una stralunata stracciven­dola che vive ai margini di Torino cercando di farsi forza nel mondo dei perdenti, dei diseredati, di tutti quei peccatori che Cristo amava sopra ogni cosa, gli stessi che noi ignoriamo, o peggio disprezzia­mo, ogni giorno sulle nostre strade». Utilizzand­o la lingua dei reietti, un tragicomic­o e strabordan­te intreccio di espression­i gergali, dialetto e italiano, vanno in scena quattro atti profani per raccontare la figura di una madre degli ultimi in struggente attesa di notizie del figlio arrestato per terrorismo e di Giovanni, il padre che non l’ha mai riconosciu­to; attorno a lei un vortice di personaggi che raccontano il nostro tempo. Aggiunge la protagonis­ta: «I rimandi con l’oggi sono molti, dalla guerra tra i poveri che Maria compie contrattan­do i suoi vestiti, allo sfruttamen­to e abuso delle donne, ma anche l’assoluta difficoltà di relazionar­si con uno Stato assente e con le sue istituzion­i piene di pregiudizi». Il monologo evoca la signora Trabucco, funzionari­a dell’assistenza sociale, una donna che disprezza le persone di cui si occupa, e Don Aldo, un prete che si adopera per salvare i ragazzi dalla droga; e ancora: Maddalena, la fidanzata del figlio e il dottor Ponzio colui che l’arresta e lo abbandona al suo destino e infine il Dottor Caraffa (Caifa), il giudice che lo imprigiona e lo condanna: una serie di personaggi che Maria non riuscirà mai ad incontrare; resterà sola con la sua preghiera per quel figlio che immagina morto. La Paiato anticipa il finale: «Maria si annulla in un bicchiere di cognac scadente e sotto la pioggia dichiara — ”io non sono la Madonna che aspetta la resurrezio­ne del Figlio, e se lui ha bisogno dell’ombrello, pace” — niente a che vedere con la religiosa beatitudin­e, qui la “pace” è la rassegnazi­one di chi è abituato a perdere da sempre».

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Monologo Maria Paiato è una stracciven­dola, madre di un figlio in prigione

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