In Germania maturato il cambio di mentalità
Tecnicamente e tatticamente l’Atalanta dimostra da mesi di non essere più una provinciale. Dall’ottobre 2016, dalla vittoria sul neutro di Pescara col Crotone. Allo stesso modo, da mesi dimostra di avere personalità. Perché riuscire a essere vivi contemporaneamente in tre competizioni a febbraio, senza questa caratteristica, non è possibile. Serve personalità per resistere all’onda d’urto di una curva tra le più inquietanti d’Europa, resistere a una squadra che ha talenti incredibili, con nazionali della squadra campione del Mondo in carica. A maggior ragione quando si accarezza il colpaccio, rimontando e passando sul 2-1. La gara di Dortmund, però, ha segnato un’altra svolta. Perché in Germania si è assistito al cambio di mentalità di un intero ambiente. Gasperini a distanza di ore rimane un uomo ferito dalla sconfitta maturata in zona Cesarini. È sbollito sì il nervosismo post partita, ma tutto il resto è rimasto. Sensazioni comprensibili, perché perdere a tempo scaduto fa sempre «incazzare», per utilizzare le sue parole. In qualsiasi sport e a qualsiasi latitudine. Ora facciamo un passo indietro. Alzi la mano chi, alla vigilia, pensava di giocarsela veramente (la mano del Gasp non vale...) contro la terza in Bundesliga che presto diventerà seconda, alle spalle dei marziani del Bayern. Contro una formazione che ha almeno 5 giocatori con una valutazione superiore a 40 milioni di euro. Contro un club capace di vincere campionati e coppe internazionali. Alla vigilia, appunto, era utopia. Quindi perdere 3-2, lasciando il discorso qualificazione apertissimo dovrebbe soddisfare tutti, corretto? No. A partire dalla stampa. Nei commenti post partita e nella conversazione con il Gasp non c’è stata celebrazione, quando nel recente passato si incensava anche la sconfitta perché l’importante, in pratica, era «la maglia sudata sempre». Ora, quella maglia guai ad averla asciutta, ma deve portare anche a risultati. In poche parole: cambio di mentalità. Anche i commenti dei tifosi a mente fredda, ieri mattina all’aeroporto di Düsseldorf Weeze, non erano esaltati. Avevano un sottofondo acidulo. Si chiedevano se il k.o. fosse evitabile. Erano quasi scocciati. Ma come: solo quattro ore prima del match c’erano loro colleghi che avrebbero firmato per una sconfitta con due gol di scarto. Non perché lasciasse «davvero» aperta la qualificazione, ma perché un k.o. di quel genere avrebbe «illuso» di lasciare aperta la qualificazione. L’illusione, invece, è stata spazzata via dalla realtà che, forse per la prima volta dopo un anno e mezzo, è stata assimilata.