Cantine La Versa, la nuova vita è un «Testa Rossa»
L’azienda vinicola: cancelliamo il passato
Prova a risorgere dalle PAVIA ceneri la cantina storica La Versa, simbolo del territorio oltrepadano, dopo anni bui costellati da fallimenti ed aste al ribasso. L’azienda, che non ha mai attraversato grosse crisi qualitative, è stata vittima delle cattive gestioni che si sono susseguite fino ai libri in tribunale e il buco da 24 milioni di euro. Con l’acquisizione dello storico marchio per 4, 2 milioni di euro dalla cordata Terre d’Oltrepò-Cavit, che detengono rispettivamente il 70 ed il 30 per cento delle quote, si ricomincia con l’esigua vendemmia 2017. All’orizzonte c’è il progetto Testa Rossa, lo spumante di punta metodo classico auto prodotto, la prima etichetta della rinascita. «Le porte delle cantine si sono riaperte a luglio 2017 — spiega Marco Stenico, direttore Terre d’Oltrepò —. Mantenere in vita La Versa è un dovere per il territorio, sia a livello economico che turistico. Dopo la manutenzione degli impianti e l’inserimento del nuovo personale, siamo ripartiti. La prima è stata una vendemmia sfortunata per via della siccità, ma da poco abbiamo ripreso ad imbottigliare».
Negli anni d’oro, in quell’impero di botti e distillerie, si contavano oltre 60 dipendenti; venivano pigiati fino a 130 mila quintali di uve pregiate per un fatturato che arrivava a sfiorare gli 80 milioni di euro l’anno. Nel periodo che ha preceduto il fallimento, si arrivava al massimo a 15
Dopo il fallimento «Mantenere in vita questa realtà è un dovere nei confronti del territorio»
quintali e gli arretrati da pagare ai piccoli coltivatori che lì conferivano la loro uva, crescevano in maniera esponenziale. Oggi per la re-startup di La Versa ci sono 5 dipendenti ed un giovane e promettente enologo. In questo territorio fatto di 2 mila aziende e 300 imbottigliatori, asse portante della vitivinicoltura dell’Oltrepo Pavese, significa guardare il futuro con occhi diversi. La nuova proprietà scommette sull’uscita dai confini locali entro il 2019: «Negli ultimi 50 anni si è lavorato male perché non siamo riusciti ad avere uno sviluppo al di fuori dalla Lombardia. I nostri vini non si conoscono, ma vengono usati come basi dai colossi. Il Pinot Nero dell’Oltrepo finisce in Franciacorta e in tutta Italia per la spumantistica. Produrremo per il nostro successo, non solo per gli altri»