La Corea del Nord si mette in posa
All’Anteo una mostra fotografica in 3D lancia l’uscita del nuovo film di Kim Ki-duk
È il Paese più misterioso al mondo e il più temuto. Della Corea del Nord sappiamo solo quello che ci mostra la tv di regime, le parate meravigliose e terribili, le fanciulle levigate come bambole nei costumi tradizionali, le statue di Kim Jong-un con il braccio levato al cielo... Immagini di propaganda che ben poco ci dicono su ciò che davvero succede dietro quella facciata rutilante. A levare il velo sulla vita reale di Pyongyang e dintorni arrivano ora delle fotografie, da domani e fino all’8 aprile all’Anteo Palazzo del Cinema, prologo sorprendente al nuovo film di Kim Ki-duk «Il prigioniero coreano», dal 12 aprile nelle sale.
La singolarità della mostra, organizzata da Tucker Film con il Far East di Udine e intitolata «3DPRK», acronimo per Democratic People’s Republic of Corea, è che le foto sono fruibili in 3D. Una terza dimensione che conferisce spessore e vicinanza a inediti frammenti di quotidianità. Matjaz Tacic ha girato a lungo per il Paese puntando l’obiettivo sulla gente comune, lontano dagli sfarzi istituzionali, dalle esibizioni muscolari belliche. Quel che affiora è una realtà inattesa, donne e uomini semplici, pronti a raccontarsi senza filtri allo sguardo curioso dello straniero. Ragazze in prendisole, custodi di musei fieri della loro divisa, studentesse severe alle prese con la fisarmonica, soldatesse sorridenti che paiono giocare con il fucile. «Ho voluto fotografare quello che i media non mostrano mai — spiega Tancic — persone in cui tutti possiamo riconoscerci». Una «normalità» invisibile che ben riflette il senso ultimo del film di Kim Ki-duk, dove un pescatore nordcoreano viene trascinato con la sua barca verso Sud, nella zona «nemica». Preso per spia dalle forze di sicurezza sudcoreane, verrà rilasciato dopo molti patimenti. Ma a quel punto dovrà vedersela con il potere di casa sua, sospettoso che quel forzato soggiorno nel capitalismo l’abbia «infettato» per sempre. «Chi sono? Sudcoreano o nordcoreano» si chiede alla fine il povero diavolo. «Mi sento semplicemente coreano, perché un Paese non è chi lo comanda. Un Paese è il popolo».